IN OLD CHICAGO

Henry King

Sog.: Niven Busch. Scen.: Lamar Trotti, Sonya Levien. F.: J. Peverell Marley. M.: Barbara McLean. Scgf.: William S. Darling, Rudolph Sternad. Mus.: Cyril J. Mockridge. Int.: Tyrone Power (Dion O’Leary), Alice Faye (Belle Fawcett), Don Ameche (Jack O’Leary), Alice Brady (Molly O’Leary), Andy Devine (Pickle Bixby), Brian Donlevy (Gil Warren), Phyllis Brooks (Ann Colby), Tom Brown (Bob O’Leary), Sidney Blackmer (generale Phil Sheridan), Berton Churchill (senatore Colby). Prod.: Darryl F. Zanuck per Twentieth Century-Fox Film Corp.. 35mm. D.: 111’. Bn.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Quando la Warner Bros. rinunciò a trasformare l’incendio di Chicago del 1871 in un’impresa ad alto budget, la Fox – che non aspettava altro – si imbarcò nella propria versione dell’evento, che stando alle voci doveva essere il progetto più costoso mai realizzato dagli studios. L’anno in cui entrò in produzione vi fu un altro incendio: quello degli archivi della Fox a Little Ferry, nel New Jersey, nel quale morì un ragazzo e andarono perduti molti film.
Realizzato in un periodo tra i più fertili della carriera di King, questo film dalle cadenze epiche ma dal ritmo agile segnava il ritorno al genere che il regista aveva parzialmente inventato: il film catastrofico. Dopo essersi già cimentato in passato con le scene elettrizzanti di un’eruzione vulcanica (The White Sister) e di un’inondazione (The Winning of Barbara Worth), King unì la maestria nel gestire le situazioni catastrofiche a un approccio più rapido e spensierato. L’esito – insieme al capolavoro del 1938, il musical La grande strada bianca – è probabilmente il suo miglior film con Tyrone Power. Entrambi offrono una vivace alternanza tra i personaggi e il loro ambiente sociale, con uno sguardo nostalgico ma anche carico di attese per il futuro. King amava narrare la nascita delle città come microcosmi americani, ma anche la loro caduta. Come in Bernadette, l’evento centrale è un pretesto per studiare le pratiche politiche e la corruzione della città (o del villaggio, nel caso di Bernadette) vista come luogo di opportunità, miracoli e tragedie.
Questa è la versione completa del film, circa venti minuti più lunga delle copie solitamente proiettate.

Ehsan Khoshbakht

 

Malgrado le pretese di storicità, questo film epico della Fox costato due milioni di dollari – un quarto del budget andò nella messa in scena dell’incendio (che aveva provocato la morte di trecento persone e ben due milioni di danni) – appare a tratti piuttosto fantasioso. Ma Henry King, per il quale il Midwest era materia mitica come il West per Ford e il Medio Oriente per DeMille, rappresenta Chicago sia come un calderone di malaffare (prefigurazione della Chicago di Ben Hecht), sia come luogo in cui mettere in scena il suo tema ricorrente, la coesistenza di nichilismo e decoro, ribellione e vita domestica, rappresentato qui dalla dialettica Caino-Abele dei fratelli O’Leary (Tyrone Power e Don Ameche) e delle due donne che li comandano a bacchetta, una soubrette capitalista (Alice Faye) e la madre puritana (Alice Brady) che è anche la proprietaria della mucca recalcitrante che farà scoppiare l’incendio di Chicago. Non a caso è la reazione della mucca ai due chiassosi fratelli a scatenare il fuoco, quando i ragazzi O’Leary arrivano tardivamente alle mani. Volendo rivaleggiare con le scene madri del redditizio San Francisco (1936), la Fox dispose che l’intervallo fosse collocato ottanta minuti dopo l’inizio del film, appena prima dell’istante in cui la mucca scalcia la lanterna; così facendo la mezzora fatale in cui la città viene distrutta funzionava come seconda parte di un doppio spettacolo e la crisi morale veniva risolta con una sontuosa spettacolarità alla D.W. Griffith.
Se nel film la città di Chicago appare inizialmente come una terra promessa in cui il padre-Mosè non può entrare e si trasforma poi in una sorta di Sodoma e Gomorra per la sua famiglia, anni dopo la stessa città farà da oasi culturale tragicamente irraggiungibile per la frustrata eroina alla Emma Bovary di Wait till the Sun Shines, Nellie (1952).

Jonathan Rosenbaum

Copia proveniente da

Per concessione di Park Circus