GLI ULTIMI GIORNI DI POMPEI
Sog.: dal romanzo “The Last Days of Pompei” (1835) diEdward G. Bulwer-Lytton; Scen.: Arrigo Frusta, Mu.: Carlo GrazianiWalter; Int.: Fernanda Negri-Pouget (Nidia), Eugenia Tettoni Florio (Jone), Ubaldo Stefani(Glauco), Vitale de Stefano (Claudio), Antonio Grisanti(Arbace), Cesare Gani-Carini(Apecide), Ercole Vaser, Carlo Campogalliani; Prod.: Ambrosio; Distr.: Giuseppe Barattolo; Pri. pro.: Roma, 24 agosto 1913 35mm. L. or.: 1958 m. L.: 1940 m. D.: 106′ a 16 f/s. Col.
Scheda Film
Sin dai primordi del cinema, il farraginoso e popolare romanzo di Bulwer Lytton è stato portato sugli schermi, e non solo in Italia. a parte un’edizione di pochi metri realizzata nel 1900 in Gran Bretagna da Walter Booth, va ricordata quella dell’Ambrosio del 1908, regia di Luigi Maggi: in Francia sollevò l’entusiasmo di Victorin Jasset, che lo ritenne una delle opere migliori prodotte dal cinema sin dai suoi esordi. Nel 1913 è ancora l’Ambrosio a curarne un rifacimento, affidandolo ad Eleuterio Rodolfi, mentre la Pasquali, che contemporaneamente mette in cantiere una sua versione diretta da Enrico Vidali, dovrà, in base alla sentenza sulla causa intentata da Ambrosio per sleale concorrenza, variarne il titolo in Jone o gli ultimi giorni di Pompei. Una terza versione, quella del film artistica gloria, per la regia di Mario Caserini, non vedrà mai la luce.
Vittorio Martinelli, Non solo Scipione. Il cinema di Carmine Gallone, a cura di Pasquale Iaccio, Liguori editore, Napoli, 2003
Le quattro versioni complete de Gli ultimi giorni di Pompei si collocano a cavallo di anni chiave nell’evoluzione della forma filmica, anni nei quali avvengono con grande rapidità progressi stilistici fondamentali. È indubbiamente vero che questa evoluzione nello stile dei film fu una delle ragioni principali del fatto che il romanzo venisse riadattato così frequentemente: si credeva che ogni versione sarebbe stata migliore della precedente in virtù delle possibilità offerte dai nuovi sviluppi tecnologici e stilistici. (…) Nel 1913 le recensioni di Gli ultimi giorni di Pompei [di Eleuterio Rodolfi] e Jone o Gli ultimi giorni di Pompei [di Enrico Vidali] si riferiscono principalmente alla versione rivale: mentre entrambe le versioni furono altamente elogiate, pochi critici analizzarono le caratteristiche formali di ogni versione. Più recentemente, Barry Salt ha definito Gli ultimi giorni di Pompei [di Eleuterio Rodolfi] come “much more primitive” (assai più primitivo), sebbene egli non approfondisca le ragioni che determinano il suo giudizio. A giudicare dalle copie esistenti, Gli ultimi giorni di Pompei ha delle scene dalla durata minore della media (ASL) rispetto a Jone, sebbene entrambi i film abbiano una ASL minore rispetto ai numeri citati da Salt in riferimento ai film italiani ed americani del periodo 1912-1917. Analizzando la relazione fra ASL e decoupage, si può notare che ne Gli ultimi giorni di Pompei i rapporti tra le singole scene sono molto meno articolati che in Jone. È vero che esiste un’articolazione del movimento fra spazi contigui all’interno di una sequenza, come nel volo di Glauco e Jone nella tempesta, ma questo elemento era presente anche nei film di inseguimento di molti anni prima. È vero che nelle scene ambientate nell’arena si nota alternanza di punto di vista, sebbene l’accostamento non sia del tutto accurato, e l’alternanza non venga ripetuta abbastanza da creare un vero e proprio effetto di campo e contro-campo.
Alexander Marlow-Mann, Gli ultimi giorni di Pompei, or the Evolution of the Italian Historical Epic (1908-1926), in “La valle dell’Eden”, n. 6, settembre-dicembre 2000
Restaurato nel 2006 presso il laboratorio L'Immagine Ritrovata a partire da un positivo nitrato 35mm colorato con didascalie tedesche proveniente dalla Murnau Stiftung, da un positivo nitrato 35mm colorato con didascalie italiane proveniente dalla Fondazione Cineteca Italiana e da un positivo safety 16mm bianco e nero con didascalie inglesiproveniente dalla Cineteca Bruno Boschetto