FUGA IN FRANCIA

Mario Soldati

Sog.: dal racconto omonimo di Mario Soldati. Scen.: Carlo Musso, Ennio Flaiano, Mario Soldati, con la partecipazione di Mario Bonfantini, Emilio Cecchi, Cesare Pavese. F.: Domenico Scala. M.: Mario Bonotti. Mus.: Nino Rota. Int.: Folco Lulli (Riccardo Torre), Enrico Olivieri (Fabrizio), Cesare Olivieri (il rettore), Giovanni Dufour (il tunisino), Pietro Germi (Tembien), Mario Vercellone (Gino), Rosina Mirafiore (Pierina), Gino Apostolo (il brigadiere). Prod.: Carlo Ponti per Lux film. 35mm. D.: 105’. Bn.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Dopo la Liberazione, un fascista in fuga verso il confine francese viene raggiunto dal figlioletto. Un progetto di film sull’emigrazione (che poi farà con Il cammino della speranza Pietro Germi, il quale qui interpreta uno dei protagonisti) si trasforma in una parabola sul male del fascismo visto con gli occhi di un bambino. Un’avventura in cui Soldati regista riversa il suo grande amore per Stevenson.
Se all’epoca il film poté sembrare un tentativo da parte del ‘calligrafo’ Soldati di aderire alla moda del cinema resistenziale e neorealista, oggi ne appare evidente piuttosto un’ispirazione barocca, noir, che lo avvicina al miglior cinema hollywoodiano del decennio, con certi toni che a molti hanno richiamato il cinema di Orson Welles.
Nella virtuosistica scena dell’osteria, addirittura più vicina a certe atmosfere di Sternberg che a Rossellini, campeggia una figura candida, Pierina, che ricorda certi incantati ritratti femminili del Soldati narratore: “Qui il regista muove la macchina con l’abilità di un grande coreografo e definisce un ambiente, i suoi valori, e perfino una lingua. È la cosa più bella che il cinema italiano abbia dato sul Piemonte e sul mondo della montagna, un ammirevole esercizio di regia e di psicologia sociale, guidato dalla curiosità e dalla limpidezza di un ‘occhio’ che sa fissare un mondo con una luce che è appunto montanara, piemontese, e di confine” (Goffredo Fofi).
In questo film in cui dimostra ancora una volta la sua grande abilità nell’uso dei set, Soldati mostra un’Italia desolata, fatta di solitudini, priva di scene di massa, in cui lo scontro tra i fantasmi del fascismo e la tensione etica della nascita della nuova Italia si svolge nei toni di un doloroso e avvincente teatro morale, popolato di colpevoli, perdenti, reietti. E attraverso il loro viaggio Soldati riesce a mostrare, come pochi registi dell’epoca, la rinascita di un sentimento di solidarietà umana.

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