FAT CITY

John Huston

Sog.: dal romanzo omonimo di Leonard Gardner. Scen: Leonard Gardner. F.: Conrad Hall. M.: Walter Thompson. Scgf.: Richard Sylbert. Int.: Stacy Keach (Billy Tully), Jeff Bridges (Ernie Munger), Susan Tyrrell (Oma), Candy Clark (Faye), Nicholas Colasanto (Ruben), Art Aragon (Babe), Curtis Cokes (Earl), Sixto Rodriguez (Lucero), Billy Walker (Wes), Wayne Mahan (Buford). Prod.: Ray Stark per Rastar Productions, Inc.. DCP. D.: 100’. Col.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Perché Fat City fa convergere, a tutte le latitudini, intorno a Huston l’unanimità dei critici? È, intanto, il più documentaristico dei suoi film di fiction. È difficile immaginare un romanzo a monte di questo film che sembra filmato in presa diretta sulla realtà di Stockton City, California: albergucci sordidi, tetri bar, palestre maleodoranti, strade anonime, squallidi mercati di braccianti; persino il sole è senza gloria né gioia sulle vaste coltivazioni di pomodori e cipolle della San Joaquin Valley.
Dopo avere scelto attori ancora poco noti per le parti principali (ma aveva pensato a Brando per la parte di Tully che toccò a Stacy Keach), Huston affida la maggior parte dei ruoli secondari ad abitanti di Stockton e a gente dell’ambiente pugilistico. Lo si potrebbe chiamare un film neorealistico, aggiornato attraverso i modi decontratti del giovane cinema degli anni Sessanta, ma con un taglio più libero […].
Nel raccontare un mondo che conosce bene, per averlo frequentato ai tempi dell’università, quello della piccola boxe, composto soprattutto di perdenti, spinti dalla speranza di uscirne, mentre sono condannati alla routine di incontri spesso truccati in ambienti squallidi, Huston fa qualcosa di più e di diverso da un film sul pugilato: una metafora sul versante buio dell’esistenza che ha per sfondo il risvolto desolato dell’America opulenta (Fat City non è soltanto un titolo ironico per antifrasi, ma un’espressione di gergo, diffusa tra la gente della boxe e del jazz: come dire il paradiso in terra, dunque inaccessibile, un’illusione). Fat City è una parabola sulla vita come lotta per la sopravvivenza, sulla linea di La bistecca, uno dei racconti più belli di Jack London, ma anche come decadimento fisico e morte. […] Sorretto da una prosa asciutta il cui lirismo non esclude i momenti di humour sardonico, ma scansa il pittoresco e rimanda alle fotografie di Paul Strand e ai quadri di Ben Shahn, Fat City […] narra l’incontro e l’amicizia tra due pugili – l’uno al tramonto, l’altro all’esordio – sullo sfondo di una cittadina americana qualsiasi. Non succede nulla di particolarmente drammatico nel tempo dell’azione oppure, se succede, non viene mostrato direttamente: sono soltanto le traiettorie di due uomini che s’incrociano.

Morando Morandini, John Huston, Il Castoro, Milano 1995

Da: Sony Columbia.
Restaurato in 4K da Sony Pictures Entertainment, a partire dal negativo camera originale 35mm e dal sound master originale 35mm magnetico. Restauro dell’immagine a cura di MTI Film Los Angeles e Cina. Restaurodel suono a cura di Deluxe Audio Media Services