EIN MÄDCHEN GEHT AN LAND

Werner Hochbaum

Sog.: dal romanzo omonimo di Eva Leidmann. Scen.: Werner Hochbaum, Eva Leidmann. F.: Werner Krien. M.: Else Baum. Scgf.: Willy Schiller, Carl Haacker. Mus.: Theo Mackeben. Int.: Elisabeth Flickenschildt (Erna Quandt), Alfred Maack (Schiffer Quandt), Günter Lüders (Krischan), Carl Kuhlmann (Jonny Hasenbein), Walter Petersen (Otto), Hans Mahler (Hein Groterjahn), Heidi Kabel (Inge), Friedrich Schmidt (capitano Lüders), Claire Reigbert (zia Mariechen), Herbert A. E. Böhme (Friedrich Semmler). Prod.: Universum-Film AG (Ufa). 35mm. L.: 2470 m. D.: 91’

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Werner Hochbaum, figlio di un ufficiale della Marina, era nato a Kiel, grande porto marittimo tedesco. Ma la sua predilezione per le storie che si svolgono accanto all’acqua o sulla sua superficie non è tanto una questione di nascita quanto di convinzione poetica: nei porti le leggi della terraferma raggiungono il loro limite e il flusso e il riflusso del mare sfiorano le vite degli abitanti. Con Ein Mädchen geht an Land, Hochbaum ritorna ancora una volta ad Amburgo, dove aveva girato Brüder e Razzia in St. Pauli e nel 1928 avrebbe dovuto ambientare il suo primo film, mai realizzato: una sinfonia urbana sulla metropoli portuale. A dieci anni di distanza, il cambiamento del clima ideologico è testimoniato dalla struttura stessa del melodramma: questa volta l’oceano non è lo spazio del desiderio, ma della disciplina e della devozione. Dopo aver trascorso sette anni in mare, l’onesta Erna Quandt scende a terra e per lei cominciano i guai. Trovato un lavoro da cameriera, rimette sulla retta via una coppia borghese in crisi ma si innamora disperatamente dell’impostore Jonny Hasenbein. Alla fine, naturalmente, non si ritrova a vivere nello squallido bar del porto in cui bazzica Jonny ma nella serena casa di un costruttore navale vedovo e padre di tre figli. Nonostante una certa ostentata semplicità popolaresca (nei titoli di testa è citato anche l’autore degli aforismi e dei motti da calendario), Hochbaum trasforma il romanzo di Eva Leidmann da cui il film è tratto in qualcosa di Vorstadtvarieté 291 sfumato e a tratti complesso. La statuaria Elisabeth Flickenschildt nel ruolo di Erna e il tarchiato Carl Kuhlmann in quello del pietoso lazzarone Jonny formano una coppia profondamente toccante, e trasformando la donna ricca e infelice in una viennese in esilio Hochbaum ritrae in chiave crepuscolare l’orgoglioso tradizionalismo di Amburgo. La trama traccia linee nette tra la terra e il mare, ma i movimenti di macchina, le scenografie e le scelte sonore sottolineano le transizioni fluide e le zone grigie. In un tipico momento alla Hochbaum, quando Erna cammina su un pontile ondeggiante sospeso sull’Elba e guarda il fiume contemplando il suicidio, la placida superficie emotiva della narrazione si increspa nel gioco evocativo di luce, ombre e nebbia.

Joachim Schätz