DUE SOLDI DI SPERANZA
Sog.: Renato Castellani, Ettore Margadonna. Scen.: Renato Castellani, Titina De Filippo. F.: Arturo Gallea. M.: Jolanda Benvenuti. Mus.: Alessandro Cicognini. Int.: Maria Fiore (Carmela), Vincenzo Musolino (Antonio), Filomena Russo (madre di Antonio), Luigi Astarita (padre di Carmela), Luigi Barone (sacerdote), Carmela Cirillo (Giulia), Felicita Lettieri (signora Artu), Gina Mascetti (Flora Angelini), Alfonso del Sorbo (sacrestano), Tommaso Balzano (Luigi Bellomo). Prod.: Sandro Ghenzi per Universalcine · 35 mm. Bn.
Scheda Film
Nel giro di dieci anni, dal 1947 al 1957, Castellani gira quattro film eccellenti. Da Sotto il sole di Roma (1947) ed È primavera… (1949) fino a I sogni nel cassetto (1957), Castellani fu grande (ma anche prima era bravo). Il migliore è per me – ma tutti mi sembrano divertenti, emozionanti, commoventi – Due soldi di speranza (1951), sintesi esplosiva e quasi miracolosa di una possibile evoluzione ‘naturale’ del neorealismo nella direzione di storie meno melodrammatiche e ‘socialmente rilevanti’, con protagonisti giovani (e questo è forse il motivo della sua intatta freschezza), e che anticipa l’insolita ‘opera prima’ di Jacques Rozier, Adieu Philippine (1962). Come spesso accade in film dall’aria improvvisata, molto liberi e interpretati da attori non professionisti, buona parte dell’attrattiva deriva dal successo nella scelta di questi ultimi. La scoperta di Maria Fiore, che sarebbe diventata una grande attrice, senza però più raggiungere l’incanto e l’intensità mostrati in questo film, è decisiva, perché la macchina da presa è rapita dal suo fascino e lei non pare frapporre alcun ‘metodo’ tra sé e l’obiettivo.
Due soldi di speranza si distingue anche per il suo sguardo affettuosamente critico e commosso su personaggi la cui innocenza non è mai ingenua o prefabbricata, che si sentono dei sopravvissuti ansiosi di vivere, in un contesto che non permette loro di farlo secondo i propri desideri, ma all’interno d’un orizzonte modesto e grazie a una certa astuzia. Due soldi di speranza anticipa la prima nouvelle vague francese (Godard nel 1963 dichiarò di essere un grande ammiratore di questo film) e mostra quello che vuole ricordare quel passaggio sublime delle Histoire(s) du Cinéma in cui Godard usa la canzone di Riccardo Cocciante Nostra lingua italiana per rendere il suo più caloroso omaggio a quel cinema.
Miguel Marías
Due soldi di speranza racconta un rustico idillio napoletano che non sarebbe dispiaciuto a Salvatore Di Giacomo. In un borgo sulle falde del Vesuvio il giovane Antonio cerca invano lavoro per far campare se stesso, la madre e quattro sorelle. Carmela, figlia di un piccolo possidente danaroso e avaro, si innamora di lui e con la caparbietà passionale delle donne meridionali, si ficca in testa di diventarne la moglie. Ma la disperata povertà di Antonio impedisce le nozze: il padre di Carmela non vuol sentirne parlare. Siamo ad un passo davvero dalla pittura di genere e dal fondale per macchiette partenopee, ma non vi cadiamo mai. Castellani [si impadronisce] di alcuni dei caratteri distintivi dell’incantevole civiltà del golfo di Napoli: la castità idilliaca dei rapporti d’amore, l’ingegnosa e spensierata filosofia dell’‘arrangiarsi’, il gusto teatrale e quasi greco per la vita in piazza e nella strada, la ricchezza del cuore rigogliosa nonostante la miseria del vivere quotidiano.
Alberto Moravia, Cinema italiano. Recensioni e interventi 1933-1990, a cura di Alberto Pezzotta, Anna Gilardelli, Bompiani Overlook, Milano 2010