DONNE E SOLDATI

Luigi Malerba, Antonio Marchi

Sog.: Luigi Malerba, Antonio Marchi, Luciana Momigliano. Scen.: Attilio Bertolucci, Marco Ferreri, Luigi Malerba, Antonio Marchi. F.: Gianni Di Venanzo. M.: Eraldo Da Roma. Mus.: Teo Usuelli. Int.: Marcella Mariani (Margherita), Sandro Somaré (cantastorie), Marco Ferreri (castellano), Gaia Servadio (Violetta), Manuela Dell’Orta (Rosa), Giuseppina Vicari (Gertrude), Bruno Blankesteiner (Ivan), Joseph Reichsigel (comandante). Prod.: Luciana Momigliano, Marco Ferreri per Società Italiana Cinematografica (S.I.C.). DCP. Bn.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Donne e soldati nasce come esempio di produzione ‘decentrata’, lontana da Roma, qualcosa che al cinema italiano non riuscirà praticamente mai fino agli anni Novanta. Lo si può leggere come esito finale, messa in pratica, del lavoro critico-teorico dei cinefili parmensi che ruotavano intorno alla rivista “La Critica Cinematografica”, a cominciare dai registi Antonio Marchi e Luigi Malerba e dal co-sceneggiatore Attilio Bertolucci. Un film troppo avanti per molti versi, anti-eroico e picaresco, secondo lo stesso Monicelli precursore del suo L’armata Brancaleone. Stavolta Ferreri è produttore in prima persona della sfortunata impresa (i due registi non faranno mai più un altro lungometraggio); ma Donne e soldati, oltre che perché segna il distacco dal cinema italiano per diversi anni, oggi ci sembra mostrare elementi terragni e carnevaleschi che nutriranno certi aspetti della visione del mondo del regista milanese.

Emiliano Morreale

Il nostro film non piacerà ai generali. Se un manipolo di soldati ha l’ordine di conquistare una posizione (nel nostro caso il castello di Torrechiara che viene assediato da truppe scese dal nord in una delle tante invasioni dei secoli scorsi) e, falliti i primi tentativi, anzicheé rompersi la testa fino all’ultimo, i soldati si mettono a fischiettare sotto le mura per attirare l’attenzione delle donne chiuse dentro, è evidente che i canoni dell’eroismo militare non vengono rispettati. Lo scandalo di questa storia è che i nostri assedianti a un certo momento si stancano di fare la guerra, finiscono per ‘insabbiarsi’ e poco alla volta da terribili guerrieri si trasformano in mansueti contadini e si imparentano con gli assediati. […] Alcuni secoli fa un piccolo esercito di lanzichenecchi si insabbiò in quel paesino sperduto fra le montagne [Rimagna, sull’Appennino emiliano] confondendosi con i contadini e i taglialegna locali. Di qui è nata l’idea del nostro film, cioè da una situazione ancora oggi viva. L’antica avventura dei soldati di Rimagna, che ha in sé dei lati grotteschi e paradossali, in realtà ci parve potere assumere, in un film, dei significati oggi particolarmente attuali se è vero che l’ideale di un affratellamento umano, o per lo meno europeo, è diventato un pressante e concreto problema politico.

Luigi Malerba, Antonio Marchi, Non piacerà ai generali, “Cinema Nuovo”, n. 39, 15 luglio 1954

Copia proveniente da

per concessione di Compass Film. Restaurato in 4K da Cineteca di Bologna in collaborazione con Compass Film e il sostegno MiBACT presso il laboratorio L’Immagine Ritrovata.