DAISY KENYON

Otto Preminger

Sog.: dal romanzo omonimo (1945) di Elizabeth Janeway. Scen.: David Hertz. F.: Leon Shamroy. M.: Louis Loeffler. Scgf.: Lyle Wheeler, George Davis. Mus.: David Raksin. Int.: Joan Crawford (Daisy Kenyon), Henry Fonda (Peter Lapham), Dana Andrews (Dan O’Mara), Ruth Warrick (Lucile O’Mara), Martha Stewart (Mary Angelus), Peggy Ann Garner (Rosamund O’Mara), Connie Marshall (Marie O’Mara), Nicholas Joy (Coverly). Prod.: Otto Preminger per 20th Century-Fox Film Corp. 35mm. Bn.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

“Otto è un tesoro, una sorta di ebreo nazista, ma gli voglio bene”. La battuta di Joan Crawford sul suo regista dovette contrariare in egual misura ebrei e nazisti, ma non fu questo il motivo per cui la Legion of Decency avversò Daisy Kenyon o l’interesse della critica e gli incassi di questo ménage à trois dai toni noir furono così scarsi. Forse era un film troppo adulto per la sua epoca. Non che oggi sia più noto, ma alcuni critici hanno imparato a considerarlo uno dei film più complessi e moralmente ambigui di Preminger. Le sue riserve e le sue simpatie sono equamente ripartite – e in continua oscillazione – tra i tre protagonisti: Daisy (Crawford), una stilista single e sicura di sé; Dan (Dana Andrews), avvocato di successo che tradisce la moglie (e la cui professione permette a Hollywood di parlare per la prima volta dell’internamento dei giapponesi negli Stati Uniti); Peter (Fonda), un reduce di guerra vedovo, depresso e tormentato dagli incubi. Qui Fonda può indossare una nuova maschera, scrive Devin McKinney, “ma il tormento e la sensualità che emana bastano a suggerire che la maschera non è qualcosa che gli hanno dato, ma un volto che si porta dietro”. Chris Fujiwara, nella sua monografia su Preminger, celebra giustamente i “duelli a tre” di Daisy Kenyon e il modo in cui “mette in discussione il genere cui appartiene. ‘D’accordo, prenditi la tua tragedia, prenditi il tuo melodramma’ dice Daisy a Peter, criticandone il tentativo di articolare l’intenso sentimento di lutto e di irrealtà derivante dalla morte della moglie e accusandolo di ‘voler sembrare un caso clinico’”. Preminger “rifiuta le categorie e i generi” per “creare spazio, per aprire il film e i personaggi a un mondo più vasto. […] È un film sulla ricerca della lucidità”.

Alexander Howarth

 

L’approfondimento su Cinefilia Ritrovata

Copia proveniente da

per concessione di Park Circus