DA HONG DENGLONG GAOGAO GUA
Sog.: dal romanzo Mogli e concubine (1990) di Su Tong. Scen.: Ni Zhen. F.: Lun Yang, Fei Zhao. M.: Yuan Du. Scgf.: Jiuping Cao. Mus.: Naoki Tachikawa, Jiping Zhao. Int.: Gong Li (Songlian), Shuyuan Jin (Yuru), Cuifen Cao (Zhuoyan), Saifei He (Meishan), Jingwu Ma (il padrone), Qi Zhao (governante), Lin Kong (Yan’er), Zengyin Cao (servo anziano), Zhigang Cui (dottor Gao). Prod.: Fu-Sheng Chiu per ERA International, China Film Co-Production Corporation. DCP. D.: 125’. Col.
Scheda Film
Lo stile registico di Zhang Yimou in Da hong denglong gaogao gua riflette perfettamente il contenuto del film […]. La macchina da presa non è un testimone ma un cronista, e la storia della Quarta Signora è un’allegoria che va oltre la gerarchia familiare per estendersi alla struttura sociale della Cina stessa. Da hong denglong gaogao gua narra di una donna giovane e bella (Gong Li, protagonista anche di Ju Dou, il film precedente del regista) che diventa la quarta moglie di un uomo ricco e, come lei stessa si definisce, una concubina. Lei e le sue “sorelle” (le altre mogli) sono costrette a rituali senza senso perpetuati da un sistema basato sull’oppressione e sul sospetto. Ogni sera alle donne viene ricordato il loro dovere primario, quando le lanterne rosse vengono appese davanti alla camera della signora che il padrone ha scelto. Le donne vengono persino private dei loro nomi: si riferiscono a se stesse con un numero e chiamano le altre “Prima Sorella”, “Seconda Sorella”, ecc.
Tutte le loro relazioni sono definite dal rapporto primario con il padrone, di cui non vediamo mai il volto. Il padrone è una figura autoritaria e paternalistica che priva le mogli di ogni traccia di individualità. Il suo rapporto con loro simboleggia l’uso della pietà filiale da parte dello stato (la pietà filiale è per i cinesi sacrosanta) come strumento di oppressione. È un’idea che Zhang Yimou ha esplorato anche in Ju Dou. Quasi ogni inquadratura di Da hong denglong gaogao gua è un campo lungo. Per un pubblico abituato a comprendere i film attraverso l’immedesimazione con un personaggio, spesso visto in primo piano, questa tecnica è spiazzante e distorce la nostra percezione dello spazio e quindi del tempo. Non possiamo sfuggire alla sensazione che tutto ciò che stiamo vedendo e che stiamo per vedere sia preordinato, che gli eventi di questa storia si siano svolti in un tempo e in un luogo indeterminati; è stato allora ed è adesso.
Lo stile registico di Zhang Yimou, come quello del regista francese Robert Bresson, si spinge verso una nuova estetica cinematografica, che esprime (non diversamente da quella di Bresson) una soverchiante desolazione per le condizioni dell’umanità. Di Bresson Da hong denglong gaogao gua possiede anche il senso di inevitabilità, ma non la fede nella redenzione divina. Qui non c’è martirio: le persone impazziscono quando non sopportano più il mondo, mentre i personaggi di Bresson tornano al loro creatore.
Maria Garcia, “Films in Review”, n. 5-6, giugno 1992