COME PERSI LA GUERRA

Carlo Borghesio

Sog.: Carlo Borghesio, Leo Benvenuti, Marcello Giannini; Scen.: Mario Amendola, Carlo Borghesio, Aldo De Benedetti, Mario Monicelli, Tullio Pinelli, Steno, Leo Benvenuti; F.: Aldo Tonti; Mo.: Rolando Benedetti; Mu.: Nino Rota; Int.: Nando Bruno (Checco), Carlo Campanini (capitano tedesco), Vera Carmi (Gemma), Nunzio Filogamo (il venditore di cappelli), Folco Lulli (ufficiale americano sul ponte), Erminio Macario (Leo Bianchetti), Fritz Marlat (un soldato tedesco), Marco Tulli (ufficiale tedesco), Piero Lulli (ufficiale tedesco sul ponte); Prod.: Luigi Rovere per LUX – RDL; Pri. pro.: novembre 1947 35mm. D.: 90’. Bn.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Borghesio arrivava sul set vestito da regista: il blazer blu con i bottoni d’oro, il cache-col aperto sul collo, il cappello con la visiera. Era fuori di testa, pieno di passioni spericolate: una volta aveva partecipato alle Mille Miglia. Era stato inviato del “Corriere della sera”. Ma la sua carriera venne stroncata dopo che criticò aspramente il colonialismo inglese in Kenya. Per lui sceneggiammo tre film con Macario, prodotti da Luigi Rovere: Come persi la guerra (1948), L’eroe della strada (1949) e Come scopersi l’America (1950). (…) La nostra era una comicità surreale sulla quale innestammo elementi surrealisti, attenti alla lezione di Chaplin. Scrivendo questi film, Steno e io trovammo la nostra vera cifra stilistica. Rappresentavamo un disagio reale, quello dell’uomo comune dopo la guerra, che ebbe molta presa sul pubblico.

Mario Monicelli, da Sebastiano Mondadori, La commedia umana. Conversazioni con Mario Monicelli, Il Saggiatore, Milano 2005

Sapevamo già che il popolo italiano non apparteneva alla razza dei grandi guerrieri. Ma Come persi la guerra (…) si incarica di dissipare con verve le nostre ultime illusioni. Direi anche che si rimane quasi stupiti di fronte ad una tale franchezza. (…) Bisogna credere che i supervisori militari della censura italiana siano di vedute meno intransigenti sullo stoicismo che si deve pretendere da un fantaccino! (…) Chaplin ci aveva già mostrato il dinamismo comico che poteva nascere dalla proiezione di un buon tipo candido nella realtà pericolosa e tonitruante della guerra. E il regista Carlo Borghesio ha evidentemente assai studiato le trovate dei suoi predecessori prima di realizzare il suo film. Non è stato avaro di gag e molte sono eccellenti. C’è uno spassoso guscio di fonografo in un discorso di propaganda americana, una partita omerica di jiu-jitsu, un rasoio elettrico curiosamente attaccato alla corrente dei fili spinati, un tedesco antihitleriano di una rigidità esilarante che fa la guerra, nascosto negli armadi, un’esecuzione trasformata in una partita di mosca-cieca, e molto altro… Il nostro divertimento deriva soprattutto dall’intrico delle azioni belliche che conducono il nostro “fifone” a mutare uniforme più spesso della camicia! Il momento migliore, credo, è quello in cui due pattuglie nemiche incaricate rispettivamente di installare il telefono, operano senza vedersi nello stesso cunicolo e mettono in comunicazione i due comandi! Sono stato assai deluso da Macario. Nonostante il suo forte sapore italiano, manca di “presenza”.

Raymond Barkan, Sept ans de malheur: une amusante satire contre la guerre, “L’Écran français”, n. 178, 23 novembre 1948

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