Anni Difficili

Il giorno stesso in cui a Napoli sbarcarono gli alleati, riaprì il teatro che dava sceneggiate e varietà. I cinematografi, almeno in Italia, non erano mai stati chiusi, neanche nei giorni più terribili dei bombardamenti: si correva al rifugio, ma non appena l’allarme era cessato, se la sala non era saltata in aria, lo spettacolo riprendeva. Più ancora che durante la guerra, fu a guerra finita, nonostante i lutti, che il bisogno di tornare alla vita si espresse nel consumo di film (soprattutto americani, dopo lunga astinenza) e nella fisica frenesia della danza. Per un breve arco di anni, il vento della democrazia e della libertà soffiò prepotentemente, dando voce al meglio e al peggio e all’incerto di un paese provato dalla dittatura, dalla guerra, dall’occupazione tedesca, dalla guerra civile, un paese in cui le passioni politiche si espressero senza molti freni. Si poteva parlare di tutto, finalmente, e il cinema lo fece con più irruenza di ogni altra arte, pur nelle difficoltà della produzione. Poi tutto sembrò assestarsi attorno ai capisaldi politico-culturali della “guerra fredda” (e al “compromesso storico” del neorealismo meno disturbante, quello più rassicurante e ottimista), ma intanto molti fiori erano fioriti, strani e liberi, tra vecchio e nuovo, belli o brutti, sul terreno di una transitoria libertà di dire quel che si voleva, di raccontare l’Italia con sguardi non ancora condizionati dalle nuove ideologie dominanti. O condizionati, però su un arco di posizioni assai vasto. È l’esperienza dell’uomo comune (o “qualunque”) a nutrire una varietà di storie tutte dentro la Storia, con scarso rispetto delle interpretazioni canoniche, e dando spazio a tutte le contraddizioni del tempo. A fianco delle opere giustamente ambiziose di un dirompente neorealismo dalle molte facce (Roma città aperta e Paisà, Sciuscià, Senza pietà, Vivere in pace, Fuga in Francia, Gioventù perduta, più tardi Ladri di biciclette, La terra trema, Riso amaro…) vi furono film significativi di uno sbandamento – della difficoltà di ritrovare una strada –, che è stato ingiusto dimenticare e sottovalutare. Alcuni di essi fanno parte di questa rassegna, altri sono stati visti a Venezia negli ultimi due festival: un “cinema ritrovato” sorprendente e istruttivo per la diversità dello sguardo e per l’adesione a un’epoca tormentata, dove le ragioni della “zona grigia” avevano il sopravvento.

(Goffredo Fofi)

Sezione a cura di Goffredo Fofi, Gian Luca Farinelli e Peter von Bagh