AVOIR VINGT ANS DANS LES AURÈS

René Vautier

T int : To Be Twenty in the Aures Scen : René Vautier F : Pierre Clément M : Nedjma Scialom, Hamid Djellouli, Jacques Michel Mus : Pierre Tisserant, Bernard Ramel, René Vautier, Yves Branellec Su : Antoine Bonfanti Int : Alexandre Arcady (il caporale Noël), HamidDjellouli (Youssef), Philippe Léotard (il luogotenente Perrin), Jacques Canselier (Coco), Jean-Michel Ribes (il prete), Alain Sco (Lomic), Michel Élias (Robert), Jean- Jacques Moreau (Jacques), Yves Branellec (Youenn), Philippe Brizard (“La Marie”), Charles Tretout (Charles), Pierre Vautier (Pierrick), Alain Vautier (Lanick), Bernard Ramel (Nanard) Prod : U P C B Pri pro : 12 maggio 1972 35mm D : 100’ Bn 

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Avoir vingt ans dans les Aurès sembrerà di primo acchito un film sulla guerra d’Algeria, soprattutto a coloro che, chi più, chi meno, l’hanno vissuta. Tutto induce a pensarlo: la sceneggiatura come la personalità di René Vautier. […] Da una parte, anche se molti in Francia, a sinistra come a destra, desiderano dimenticarla, non sarà mai inutile meditare su eventi di tale gravità e cercare di analizzarli nelle loro manifestazioni come nelle loro cause. Dall’altra, e questo mi sembra ancora più importante, il soggetto essenziale del film oltrepassa di molto il caso singolare della guerra d’Algeria e della storia narrata dal film, anche se autentica […]. La guerra è un meccanismo che ha una sua logica specifica. Essa implica (fatta eccezione per i professionisti, beninteso) una vita al di fuori del contesto normale da parte di chi vi partecipa, con dei rituali, degli affetti e degli odi che non hanno nulla in comune con quelli del mondo cosiddetto civile. Dal momento in cui si accetta di parteciparvi, ci si assume il rischio di una degradazione individuale, rischio tanto più grande perché, ignorando tutto di quel mondo, non siamo in grado di misurarla. Entrando in quel sistema, accettiamo di farci assorbire da una macchina senza sapere fino a che punto questa possa finire per divorarci. È questo che dimostra il film di Vautier e che ripete come leitmotiv la canzone che l’accompagna: “Fous pas les pieds dans cette merde, sinon t’y passeras jusqu’au cou” (non immergere i piedi in questa merda, altrimenti ti sommergerà fino al collo).

L’idea che possedere una coscienza politica matura consenta di mantenere la propria purezza originale è un’illusione in cui ci si culla volentieri alla vigilia di una mobilitazione. Vautier distrugge anche questa illusione scegliendo come eroi non i soliti criminali assassini o casi psichiatrici patologici (che offrono una coscienza ras-sicurante allo spettatore eliminando ogni identificazione) ma proprio degli individui coscienti, militanti, pacifisti, sicuri di sé e che lo stesso non esiteranno a commettere omicidi, stupri, torture, perché questo è nella logica delle cose. D’altronde è proprio ciò che dirà il loro tenente (paracadutista di carriera): “Non avevo nessun bisogno di obbligarvi o di indottrinarvi, a partire dal momento in cui formate un gruppo omogeneo si formano dei vincoli che vi conducono ad aggredire i nemici e ad agire così” (cito molto vagamente a memoria ma il senso è questo).

François Chevassu, “La Revue du cinéma – Image et son”, n. 262, giugno-luglio 1972

Copia proveniente da

Restaurato da Cinémathèque française, in associazione con Moïra Vautier, Cinémathèque de Bretagne, Région Bretagne e Festival du film français di Richmond presso il laboratorio Digimage
Il progetto ha beneficiato del nanziamento del CNC per la digitalizzazione delle opere cinematografiche
La versione restaurata in 2K rispetta il formato (1:37), il montaggio e il sonoro originali