APPLAUSE

Rouben Mamoulian

Sog.: dal romanzo omonimo (1928) di Beth Brown. Scen.: Garrett Fort. F.: George Folsey. M.: John Bassler. Int.: Helen Morgan (Kitty Darling), Joan Peers (April Darling), Fuller Mellish Jr. (Hitch Nelson), Jack Cameron (Joe King), Henry Wadsworth (Tony), Dorothy Cumming (madre superiora). Prod.: Monta Bell, Walter Wanger per Paramount Famous Lasky Corp. 35mm. D.: 80’. Bn.

info_outline
T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Metà backstage musical e metà  film su New York, splendidamente girato in esterni – anche sul ponte di Brooklyn –, fu il debutto alla regia di Mamoulian, che coraggiosamente abbandonò i suoi trascorsi teatrali per una versione tutta cinematografica della vita di palcoscenico. È la storia di una ballerina di burlesque che manda sua figlia in convento per proteggerla dal corrotto mondo dello spettacolo. Ma la ragazzina, divenuta una giovane donna, torna a casa e finisce esattamente nella situazione che sua madre ha sempre temuto.
Già in questo primo film il montaggio simbolico di Mamoulian funziona a pieno regime, creando similitudini architettoniche tra il soffitto e le arcate di una chiesa e, quando il personaggio entra nel mondo moderno, tra la cupola d’acciaio e le arcate della stazione ferroviaria: stesso schema, diverso messaggio. Ora la ragazza è costretta a conciliare questi due mondi. Il concetto di ‘alto e basso’ trova altre metafore spaziali, come gli squallidi camerini del teatro e le punte dei grattacieli. Il film si conclude con una nota ambigua, rigettando la pietà spirituale pur senza accettare del tutto una vita basata sui piaceri terreni.
Questo è cinema come spettacolo, in cui la macchina da presa – quasi completamente liberata, due anni dopo l’avvento del sonoro – ricerca il piacere visivo nel movimento e nella sensualità. Illustra inoltre una tendenza cui Mamoulian farà ritorno più volte, fino all’ultimo film: lo spettatore (nella storia) è parte dello spettacolo, e l’attenzione si divide tra l’esibizione e il modo in cui il pubblico la vede. Sebbene alcune tecniche usate non siano esattamente nuove, l’esecuzione impeccabile e il modo in cui raccordi, split screen e collage sonoro si integrano nella narrazione conferiscono al film un’identità completamente nuova. La macchina da presa, libera come una farfalla, attraversa a scatti scene irreali in cui il suono ovattato dei primi talkie non fa che accentuare la spettralità del mezzo. Un esordio strabiliante.

Ehsan Khoshbakht

Copia proveniente da

per concessione di Park Circus.