An american tragedy
It.: Una Tragedia Americana; Sog.: Dal Racconto Omonimo Ditheodore Dreiser (1925); Scen.: Samuel Hoffenstein; F.: Lee Garmes; Op.: Paul Ivano; Su.: Harry D. Mills; Int.: Phillips Holmes (Clyde Griffiths), Sylvia Sidney (Roberta [Bert] Alden), Frances Dee (Sondra Finchley), Irving Pichel (Procuratore Distrettuale Orville Mason), Frederick Burton (Samuel Griffiths), Claire Mcdowell (Sig.Ra Samuel Griffiths), Wallace Middleton (Gilbert Griffiths), Emmett Corrigan (Belknap, Avvocato Diclyde), Charles B. Middleton (Jephson, Avvocato Diclyde), Lucille Laverne (Sig.Ra Asa Griffiths), Albert Hart (Titus Alden), Fanny Midgley (Sig.Ra Alden), Arnold Korff (Il Giudice), Russell Powell (Il Coroner Fred Heit), Vivian Winston (Myra Griffiths), Arline Judge (Bella Griffiths), Evelyn Pierce (Bertine Cranston), Elizabeth Forrester (Jill Trumbull), Imboden Parrish (Earl Newcomb), Richard Cramer (Vice Sceriffo Kraut); Prod.: Joseph Von Sternberg Per Paramount-Publix Corp.; Distr.: Paramount-Publix Corp.; Pri. Pro.: New York, 5 Agosto 1931 35mm. D.: 95′ A 24 F/S (Western Electric Noiseless Recording). Bn.
Scheda Film
La Paramount aveva commissionato a Eisenstein, che all’epoca si trovava a Hollywood, la realizzazione di una sceneggiatura tratta dall’omonimo romanzo di Theodore Dreiser del 1925. La sceneggiatura, come previsto da Eisenstein, venne rifiutata. Il progetto passò allora a Sternberg, che ottimizzò e riordinò gli elementi letterari del naturalismo, incentrando il proprio film sul richiamo erotico dell’ascesa di classe, sull’irresoluta vigliaccheria del protagonista (Phillips Holmes) e sul bisogno di credere nell’amore della sua vittima (una Sylvia Sydney fatalmente vulnerabile). Entrambi gli attori sembrano realmente devastati dall’incertezza. Dreiser denunciò la Paramount per aver falsificato r’adattamento” e perse la causa. La stupefacente fotografia di Sternberg e l’uso brillante delle ellissi conducono a una delle più insolite scene processuali della storia del cinema. Film ampiamente sottovalutato e poco conosciuto, diviene sempre più moderno a forza di vederlo. Esattamente l’opposto di quanto accade con la successiva versione di George Stevens, A place in the sun (Un posto al sole, 1951), con Montgomery Clift, Elizabeth Taylor e Shelley Winters.