La Statua Di Carne

Mario Almirante

Sog.: dalla commedia omonima di Tebaldo Cicconi; Scen.: Luciano Doria; F.: Ubaldo Arata; Int.: Italia Almirante Manzini (Maria /Noemi Keller), Lido Manetti (conte Paolo di Santa Fiora), Alberto Collo (un amante sfortunato), Oreste Bilancia, Alfonso Cassini, Bianca Renieri; Prod.: Fert, Torino; Pri. pro.: 12 febbraio 1922. 35mm. L. or.: 1370 m. L.: 1062 m. D.: 75’ a 16 f/s. Imbibito.  

 

 

 

 

 

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

 

Il film conferma Mario Almirante e Italia Almirante-Manzini come due tra le figure più eminenti del cinema italiano degli anni Venti. Il dramma (sceneggiato da Luciano Doria), racconta di un amour fou che ricorda il doppio amore di Vertigo, si snoda con sensuale credibilità e permette a Italia Almirante-Manzini di costruire un personaggio appassionante, complesso e, cosa rara per una diva, ricco di sfaccettature.
La fotografia (di Ubaldo Arata) nitida e piena di calore, i cromatismi accuratissimi, l’uso consapevole delle inquadrature, alcuni movimenti di macchina, mostrano la cifra stilistica di Almirante e il suo tentativo di superare i modelli stilistici ormai desueti del cinema italiano e in particolare del genere divistico. C’è tutta l’eleganza e il piacere della Roma dei primi anni Venti, i Ballets russes, le feste, il Palazzo delle Esposizioni, la Roma Umbertina, il duello a Villa Borghese.
Mario Almirante, figlio e nipote d’attori, dirige a meraviglia un bel cast, tra cui spicca un giovane Oreste Bilancia, Alberto Collo e un ottimo Alfonso Cassini. Ma tutto ruota attorno alla doppia interpretazione di Italia Almirante Manzini, all’apice della sua bellezza e del suo magnetismo attoriale, fasciata da vestiti di raso che sembrano sempre sul punto di scoprirne il corpo. Gli eventi, come una tormenta, trasportano i protagonisti e anche noi spettatori.

Gian Luca Farinelli

 

La stampa non è stata concorde su questo lavoro. Qualche scrittore ha espresso perfino una specie di ripugnanza spirituale per il soggetto. Segno buono, cotesto. Un lavoro discusso, un lavoro che appassiona, è un’opera nobile e contiene sicuri fermenti vitali. E la nostra cinematografia non può che avvantaggiarsi del ribollire di succhi generosi e dal dibattito di spiriti onesti e appassionati.

Aurelio Spada, “La rivista cinematografica”, n. 3, 10 febbraio 1922

 

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