Two For The Road

Stanley Donen

T. it.: Due per la strada; Scen.: Frederic Raphael; F.: Christopher Challis; Mo.: Madeleine Gug, Richard Marden; Scgf.: Willy Holt; Co.: Sophie Rocas, Ken Scott, Michelle Rosier, Paco Rabanne, Mary Quant, Foale Tuffin, Hardy Amies; Mu.: Henry Mancini; Int.: Audrey Hepburn (Joanna Wallace), Albert Finney (Mark Wallace), Eleanor Bron (Cathy Maxwell Manchester), William Daniels (Howard Maxwell Manchester), Gabrielle Middleton (Ruth Manchester), Claude Dauphin (Maurice Dalbret), Nadia Gray (Francoise Dalbret), Georges Descrieres (David), Jacqueline Bisset (Jackie), Judy Cornwell (Pat), Irene Hilda (Yvonne de Florac), Dominique Joos (Sylvia), Kathy Chelimsky (Caroline), Carol Van Dyke (Michelle), Karyn Balm (Simone); Prod.: Stanley Donen per Stanley Donen Films; Pri. pro.: 27 aprile 1967. 35mm. D.: 111’. Col.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

 

Un uomo e una donna, in viaggio (reale e metaforico). È il 1967, e nel cinema americano tira aria nuova: però Il laureato uscirà alla fine di dicembre, Gangster Story un paio di mesi prima. Da qualche anno Stanley Donen vive a Londra. Due per la strada appare sugli schermi americani nella tarda primavera ed è un road movie assolutamente moderno, che percorre le campagne francesi e la Riviera con impeto febbrile e sfrontato da free cinema (e dal free cinema arriva Albert Finney, già eroe proletario di Sabato sera, domenica mattina e picaresco seduttore di Tom Jones).
Americano all’estero, Donen si guarda attorno, assimila e rilancia, espone la forma stabile della commedia romantica hollywoodiana all’instabile vitalità del nuovo cinema europeo. Il ‘viaggio in Francia’ di Mark e Joanna, dodici anni di matrimonio, è un montaggio indistricabile di tempi diversi, dove passi avanti e passi indietro compongono una trama di echi e di rime: la vera risposta alla domanda essenziale, posta in un certo momento, può arrivare anni dopo (“Qual è la gente che siede al ristorante senza parlarsi?” “La gente sposata”).
Coproduzione britannica, inglesi i personaggi, Due per la strada resta una ‘commedia americana’ per l’impudente resistenza d’una prospettiva di felicità: dopo le scontrose scintille dell’incontro (un tocco appena di screwball), la lunga edenica euforia degli inizi, le deviazioni, le prese d’atto, i tradimenti, la ripetizione di gesti che cementano una complicità ma si caricano d’insofferenza, questi due sono ancora insieme, sulla strada, pronti a varcare una frontiera, ambigua linea d’arrivo e ripartenza.
L’invadenza del tempo, per un maestro di coreografia, non neutralizza lo spazio: i primi tempi dell’amore, a piedi, in autostop, sulla vecchia MG, immergono Mark e Joanna in ambienti aperti, languidi, quasi vuoti; il viaggio nella macchina familiare li soffoca in primi piani claustrofobici; il presente è uno spazio che tende a separarli, in una sfocata, poco decifrabile ridondanza di altri oggetti, colori e figure (anche un’avventura bionda di lui, un amante playboy di lei). Congediamo Mark e Joanna Wallace lì dove li abbiamo trovati: in un’interzona sospesa, malinconica, ‘tecnicamente dolce’ – resa più dolce dalla colonna sonora di Henry Mancini. “Bitch”, le dice lui; “bastard”, risponde lei. Ma nel solo modo in cui Stanley Donen potrebbe farglielo dire: once more, with feeling.
Donen scompone le convenzioni del racconto matrimoniale, il nuovo irrompe nell’iconografia. Traumaticamente nuova è qui Audrey Hepburn. La storia dice che Donen faticò non poco a convincere Hepburn a tagliare i capelli, ad abbandonare Givenchy, a riconoscersi nella propria prima immagine adulta. L’intenzione è forse farne l’icona d’uno stile astratto, grafico – ma l’operazione Paco Rabanne riesce a metà (nonostante i bagliori d’un memorabile metallico vestito da sera), sopraffatta a tradimento dalla falsa memoria, dalle immagini che riportano un’Audrey con il cerchietto nei capelli ancora lunghi, che si finge più giovane di quel che è, che recita la se stessa di dieci anni prima, una funny face che lievemente ma inesorabilmente invecchia intorno al proprio radioso sorriso: l’effetto è di dissonanza nostalgica, di commovente disagio, in quei capelli tagliati c’è d’improvviso il senso di tutto ciò che noi abbiamo perduto. Hepburn non sarà mai un’icona pop. Stanley Donen non sarà un regista del new american cinema. Eppure, nella primavera del 1967, quel che di più audace e irregolare accade nel cinema americano accade in questa commedia coniugale sospesa tra la tenerezza e l’ombra. Ne firma la sceneggiatura
Frederic Raphael, che trent’anni dopo verrà chiamato da Kubrick a scrivere Eyes Wide Shut. Riscopriamo questo capolavoro di Stanley Donen, e vedremo che tutto si tiene.

Copia proveniente da