2001: A Space Odyssey
Tit. it.: “2001: Odissea nello spazio”; Scen.: Arthur C. Clarke, Stanley Kubrick, dal racconto “The Sentinel” di Arthur C. Clarke; F.: Geoffrey Unsworth; Op.: Kelvin Pike; M.: Ray Lovejoy; Scgf.: Ernest Archer; Prod. designer: Harry Lange, Anthony Masters; Cost.: Hardy Amies; Mu.: Richard Strauss, Johann Strauss Jr., Aram Khacaturjan, György Ligeti; Su.: A.W. Watkins; Effetti speciali: ideati e diretti da Stanley Kubrick; Int.: Keir Dullea (David Bowman), Gary Lockwood (Frank Poole), William Sylvester (Heywood Floyd), Douglas Rain (voce di Hal), Daniel Richter (Moonwatcher, il capo delle scimmie), Leonard Rossiter (Andrei Smyslov), Margaret Tyzack (Elena), Robert Beatty (Halvorsen), Sean Sullivan (Michaels), Frank Miller (il responsabile della missione), Alan Gifford (il padre di Poole), Penny Brahms, Edwina Carroll (hostess), Vivian Kubrick (la figlia di Floyd), Burnell Tucker (il fotografo); Prod.: Stanley Kubrick per MGM 70mm. D.: 148’. Col.
Scheda Film
Opera mitica, nonché annoverata da molti tra i dieci capolavori del grande schermo, 2001: A Space Odyssey è, sin dalla sua nascita nel 1968, un film emblematico: non soltanto dà una nuova dimensione al cinema di fantascienza, ma riannoda anche i molteplici fili sottesi tra il grande cinema spettacolare e le ricerche sul cinema “puro”. Per la scarsezza di dialoghi (tuttavia determinanti) e per il modo in cui privilegia i mezzi propri del cinema – suono, luce, movimento e montaggio – 2001 è anche il capostipite e il capolavoro di quella che può essere definita “film-experience”, in cui la proiezione del film è assimilabile a un rituale. Attinge in tal senso sia alle ricerche sonore e ottiche dell’ultimo periodo del cinema muto sia alla modernità degli anni ’60 (Antonioni, Tati) da cui è nato. Incarna un sogno di cinema assoluto, che mira a un’esperienza non-verbale e universale. È uno dei film più personali e audaci del suo regista e allo stesso tempo un’opera che ci parla in una maniera straordinariamente forte della condizione umana nel cosmo. Insieme a Playtime di Jacques Tati – altro affresco “futurista” uscito nello stesso periodo – 2001 rappresenta uno dei rari tentativi che i grandi autori di cinema sono stati in grado di realizzare per sottrarre il grande schermo e il suono stereofonico alla fatalità del grande spettacolo pieno di comparse, e per proporre in cambio un film lento, allusivo e meditativo.
Michel Chion, Un’Odissea del cinema. Il “2001” di Kubrick, Torino 2001