Lezione di cinema: Youssef Chahine
Nella giornata di lunedì 24 giugno la lezione di cinema sul grande regista egiziano Youssef Chahine ha animato gli spazi del DAMSLab in Piazzetta Pier Paolo Pasolini. Alle ore 17 il pubblico ha preso posto in sala per poter approfondire grazie a un team di esperti la produzione del cineasta arabo, autore di titoli memorabili come Bab al-hadid (Central Station, 1958) e Iskanderija…Lih? (Alexandria…Why?, 1978), entrambi in programma al Cinema Ritrovato.
“Chahine era unico nel suo genere. Vitale ed ironico, aveva una grande conoscenza della bellezza, ma soprattutto della vita e dei suoi valori”, ha raccontato il direttore della Cineteca di Bologna Gian Luca Farinelli, prima di lasciare la parola al terzetto formato dal giornalista Tewfik Hakem, dalla musicologa Amal Guermazi e da Marianne Khoury, nipote di Chahine e regista a sua volta.
Come incipit alla lezione Hakem ha spiegato al pubblico il perché delle tre parole chiave scelte per descrivere la sezione, “glamour”, “musica” e “rivoluzione”. “Chahine studiò in America e fu molto influenzato dal cinema hollywoodiano e dai grandi studios. Ricreò un’atmosfera simile nella sua terra natia, dove lavorò con molte star affermate e contribuì a lanciarne altre, come nel caso di Omar Sharif, diventato poi famoso in tutto il mondo. È quindi il caso di dire che il fattore glamour non è mai mancato nella sua produzione. La stessa cosa si può dire per la musica, altra costante della sua filmografia. E infine la parola rivoluzione è stata scelta perché Chahine era un militante, aveva una forte coscienza politica e in Egitto si batté contro dittature, fanatismi e populismi.”
A conferma delle parole di Hakem è intervenuta Khoury, che ha confermato la prorompente personalità del regista: “Mio zio veniva da una famiglia povera, per lui essere riuscito a fare cinema era una conquista, anche se non sempre fu capito, talvolta per via dei temi delicati che trattava. Quando uscì Bab al-hadid scoppiò uno scandalo, i miei genitori erano basiti. Ma lui era fatto così, amava spingersi oltre i limiti, come in Iskanderija…Lih?, dove ha rappresentato una storia d’amore omossessuale per la prima volta nel cinema arabo. Con i suoi film Chahine ha dipinto in modo perfetto la nostra nazione. Quando tra vent’anni ci chiederemo come viveva l’Egitto nel XX secolo basterà riguardare i suoi titoli.”
Conclude Guermazi con un excursus sul forte legame tra il regista e la musica: “Chahine era aperto a ogni genere musicale, ascoltava tantissimi brani che lo ispiravano per i suoi film. Nutriva un grande rispetto per i cantanti e nel 1986 fu entusiasta di collaborare con Dalida per Le Sixième Jour. Lui stesso cantava e ballava come un forsennato durante le riprese. Amava follemente la musica, e la vita”.
Report di Michele Persici
Nell’ambito del corso di Alta Formazione per redattore multimediale e crossmediale, nel progetto di formazione della Cineteca di Bologna.