Intervista con Paolo Mereghetti
“Vengo al cinema ritrovato proprio per questo per vedere film che non conosco, o rivedere quelli che ho già visto; non ho visto tutta la storia del cinema. Facendo il dizionario, questo lavoro di schedatura ha solo aumentato la mia curiosità.”
L’autore del celebre dizionario si racconta nel suo ruolo di critico e di spettatore del festival.
Una domanda di rito sicuramente ma, parlando del suo noto dizionario, come crede cambi il giudizio di un film nel corso degli anni? Ad esempio un film che era nelle edizioni precedente del Mereghetti e che lo si ritrova in quelle più recenti.
Sono passati 25 anni dalla prima edizione, ed il lavoro si basava tutto sulla memoria, non c’era il tempo di rivedere i 10000 film che erano all’inizio. Adesso siamo arrivati a più di 30000 e naturalmente ad ogni edizione rivedo i vecchi film, in un festival perché capita, perché esce una nuova edizione in DVD. È chiaro che con gli anni un film si confronta con quello che aveva da dire, se continua ad essere un modo originale di allora oppure se dimostra le sue pecche. Perché ci era sembrato particolarmente profondo e invece dopo qualche anno ti rendi conto che le cose che diceva non erano particolarmente geniali. Oppure perché un film aveva colto alcune idee di fondo cinematografiche o culturali interessanti e quelle idee con gli anni si sono rivelate sempre più importanti e centrali. È come per la musica, ci sono canzoni che quando escono ti sembrano molto orecchiabili e poi ti accorgi che sono molto superficiali. Oppure ci sono canzoni che colgono lo spirito del tempo e riescono a mantenerlo anche decine di anni dopo. E per i film è un po’ la stessa cosa, ti accorgi che ci sono film che hanno capito delle cose o che fanno una riflessione particolarmente attenta. Sono tanti gli elementi che contribuiscono a determinare il valore di un film e quindi sono altrettanti gli elementi che misuri con i nuovi criteri dei nuovi tempi.
Oltre al giudizio critico, a cambiare è anche la figura stessa del critico, soprattutto in un momento come questo in cui, grazie o a causa di Internet, assistiamo ad una democratizzazione dell’istituzione cinematografica.
Io penso che ognuno abbia diritto i dire la propria opinione su un film, di dire che piace o non piace, che è bello o non è bello, questo è indiscutibile. Ora in cosa consiste il lavoro del critico? Consiste nell’approfondire una prima impressione, per esperienza, per cultura, per conoscenza del mondo del cinema e non solo, il critico deve cercare di motivare maggiormente il proprio rapporto con un film. Non tanto per decidere se un film è bello o brutto secondo una qualche autorità che nessuno gli ha dato, ma perché un critico dovrebbe essere capace di illustrare tutte le possibilità qualità di un film. Qualità che magari ad uno spettatore normale possono sfuggire. Inoltre c’è un altro discorso da fare, ovvero quello sull’autorevolezza. Ci sono alcuni giudizi che possono apparire più autorevoli di altri, perché chi li esprimi ha dimostrato una credibilità nel corso degli anni che altri non hanno dimostrato. L’autorevolezza non nasce dalla testata, dal libro, dal luogo in cui uno scrive o dal fatto che uno alzi la voce più degli altri. L’autorevolezza nasce dalla credibilità, ovvero che uno abbia costruito un discorso coerente con cui un altro ha voglia di confrontarsi, senza magari essere d’accordo.
E come crede si proietti il ruolo della critica cinematografica attraverso i nuovi media?
Televisione, radio, cinema hanno tutti dei linguaggi che chi vuole usare questi mezzi deve conoscere. Io faccio sia delle recensioni scritte, sul Corriere, che recensioni video e hanno dei linguaggi diversi, seppure il giudizio e il contenuto sia lo stesso; più sintetico quello video, più efficace, più colloquiale. La scrittura ha la possibilità di limare le parole, mentre la televisione ad esempio cerca un’efficacia di altro tipo. Il problema è che uno non tradisca lo spirito con cui fa questo lavoro.
Al Cinema Ritrovato lei ha fatto parte della giuria dei DVD awards 2019, inoltre è stato ospite Refn che ha presentato la sua piattaforma streaming byNWR.com. Come crede che possano interferire DVD, blu-ray e le possibilità offerte dalla visione streaming sul cinema?
I DVD, i blu-ray e lo streaming sono tutti strumenti che possono favorire la memoria del cinema. Quando ero giovane e cominciavo ad occuparmi di cinema, prendevo il treno, stavo a Parigi per una settimana e rimanevo chiuso nei cinema fino a mezzanotte. Perchè in Italia c’erano molte meno occasioni per poter vedere dei film. La cultura cinematografica me lo sono fatta anche in questo modo; a Parigi, a Londra, in posti che avevano altre offerte cinematografiche. Oggi, i DVD ti mettono a disposizione quello che non puoi avere sotto casa. Certo, io continuo a preferire la visione in una cinema, il rapporto con il grande schermo e la sala buia è più coinvolgente rispetto a quello che uno ha con il piccolo schermo della televisione, anche se ora le televisioni sono ancora più grandi. La piattaforma streaming di Refn è straordinaria perchè ci fa vedere film che non conoscevamo, ma anche altri servizi di questo tipo sono straordinari perchè ci offrono occasioni di questo tipo, fondamentali per non perdere la memoria di una cinema che altrimenti potrebbe svanire davanti ai nostri occhi.
Lei diceva che Wait till the Sun shine, Nellie è un film che “inseguiva da una vita”, e che ora ha avuto finalmente l’opportunità di vedere al Cinema Ritrovato.
Vengo al cinema ritrovato proprio per questo per vedere film che non conosco, o rivedere quelli che ho già visto; non ho visto tutta la storia del cinema. Facendo il dizionario, questo lavoro di schedatura ha solo aumentato la mia curiosità. Da un film si passa a un altro. Quest’anno per esempio c’erano dei film di Chaine di cui avevo solo sentito parlare, qualcuno l’avevo visto qualcun altro no, e finalmente ho potuto vederli. Ho potuto vedere dei film di Henry King che non aveva mai visto, come Wait till the Sun shines, Nellie, film mai arrivato in Italia, di cui ho scoperto recentemente l’importanza e che finalmente ho visto in una copia restaurata. Al Cinema Ritrovato si possono vedere dei film restaurati come Dio comanda. Ieri ho visto Moulin Rouge di Huston, che è un film che ho visto, conosco, ma restaurato e mostrato come l’aveva pensato Huston, con quel technicolor in qualche modo non saturo e sfumato per dire l’idea di come potevano essere le litografie di allora. Quel modo di vedere cinema è qualcosa che si può fare soltanto qui.
Per concludere vorrei chiedere un film che ritiene sia da vedere assolutamente e che vorrebbe consigliare ai lettori dell’intervista.
Ieri sera quando ho intervistato Coppola, diceva che ogni volta che gli chiedono quali sono i migliori 10 film della storia del cinema secondo lui, risponde che i film più belli della storia sono 1000, 2000. Io sicuramente consiglierei di vedere un film un po’ vecchio, che non è facile trovare , La morte corre sul fiume, l’unico film di Laughton, è qualcuno che nessuno non può non aver visto, assolutamente da vedere. Potrei dire la stessa cosa di Viaggio a Tokyo di Ozu, per parlare di una cinema completamente diverso, oppure Europa 51 di Rossellini. Questi 3 film, secondo me, che bisogna assolutamente vedere, disponibili in Italia in 3 ottime versioni in DVD.
Intervista di Aurelio Fattorusso
Nell’ambito del corso di Alta Formazione per redattore multimediale e crossmediale, nel progetto di formazione della Cineteca di Bologna.