RIVISTE CINES n. 2,4,5

Con, tra gli altri, Vittorio De Sica e Armando Falconi.

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T. it.: Italian title. T. int.: International title. T. alt.: Alternative title. Sog.: Story. Scen.: Screenplay. F.: Cinematography. M.: Editing. Scgf.: Set Design. Mus.: Music. Int.: Cast. Prod.: Production Company. L.: Length. D.: Running Time. f/s: Frames per second. Bn.: Black e White. Col.: Color. Da: Print source

Film Notes

Realizzate tra la metàdel 1930 e i primi mesi del 1932, le Riviste Cines rappresentano un fenomeno, certo “minore”ma sicuramente di grande interesse, nel panorama del cinema italiano dell’epoca della “rinascita”e della transizione al sonoro. Si trattò, in verità, di un esperimento effimero: 19 “numeri”di lunghezza variabile da uno a due “rulli”, tutti realizzati tra il 1930 e il 1932, nell’arco, piùo meno, di 18 mesi. Ne restano oggi 17, mancano ancora all’appello il n. 1 (il piùprezioso, forse, per gli storici, che conteneva l’intervento di Bottai all’inaugurazione ufficiale dei nuovi stabilimenti di via Veio) e il n. 7. Risultano con evidenza, fin dai primissimi numeri, i caratteri di struttura, di contenuto e di linguaggio che fanno delle Riviste Cines un prodotto sicuramente singolare. Intanto una buona dose di ironia e di autoironia, abbastanza evidente questa giànella sigla musicale che accompagna il titolo di testa e il logo (un mappamondo che gira): una marcetta un po’ lenta e sgangherata che sembra la parodia delle magniloquenti sigle musicali cinematografiche in auge all’epoca e ancora per molti anni a venire. Quella che, giàfin dal primo impatto con il pubblico, parrebbe volersi segnalare come una calcolata opzione di gusto e forse -perchéno? -ideologica (e traendo qui le conclusioni si cercheràdi formulare qualche plausibile interpretazione del possibile senso di tale supposta scelta intenzionale) èribadita e avvalorata, a ben vedere, dalla scelta di assegnare a ogni numero della Rivista, almeno nella gran parte dei primi numeri, oltre allo speaker caratteristico del genere newsreel, anche un vero e proprio “presentatore”, una sorta di ospite e padrone di casa, con il compito di accogliere il pubblico, guidarlo alla visione dei diversi servizi, orientarne la percezione e il giudizio, magari seguendo l’esile filo conduttore di una trama discorsiva pretestuosa, inventata per “cucire”insieme i servizi stessi. (Mario Musumeci in Cinegrafie, n.5)

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