DAS WEIB DES PHARAO

Ernst Lubitsch

Sc.: Norbert Falk, Hanns Kräly. F.: Theodor Sparkuhl, Alfred Hansen e altri operatori per le scene di massa. Mus.: Eduard Künneke. Scgf.: Ernst Stern, Kurt Richter. Direzione tecnica per la costruzione delle scenografie: Max Gronau. Cost.: Ernst Stern, Ali Hubert, Ernö Metzner. In.: Emil Jannings (Amenes, Faraone d’Egitto), Paul Biensfeldt (Menon, il suo governatore), Friedrich Kühne (il Gran Sacerdote), Albert Bassermann (Sothis, architetto del re), Harry Liedtke (Ramphis, suo figlio), Paul Wegener (Samlak, re d’Etiopia), Lyda Salmonova (Makeda, sua figlia), Dagny Servaes (Theonis, una schiava greca). P.: Ernst Lubitsch Film GmbH, Berlino, nel quadro dell’Alleanza cinematografica europea (EFA). Org.gen.: Paul Davidson. Inizio delle riprese: 18.7.1921, Studios Ufa am Zoo; monti di Rauh, Berlin-Steglitz; monti di Gosen, Schmöckwitz. L.O.: 2976 mt. D.: 8O’. 35 mm

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T. it.: Italian title. T. int.: International title. T. alt.: Alternative title. Sog.: Story. Scen.: Screenplay. F.: Cinematography. M.: Editing. Scgf.: Set Design. Mus.: Music. Int.: Cast. Prod.: Production Company. L.: Length. D.: Running Time. f/s: Frames per second. Bn.: Black e White. Col.: Color. Da: Print source

Film Notes

“Dove va ricercato il criterio per valutare questo film? Nella peculiarità del suo genere. Das Weib des Pharao è un film storico-romanzesco. Si deve continuare a sviluppare questo genere? No. Però esso ha raggiunto qui la sua perfezione.

È curioso come il cinema ripeta a suo modo la storia della letteratura. Il romanzo storico ha avuto in passato la sua fioritura. Il film storico raggiunge ora il suo periodo aureo. La sceneggiatura di Norbert Falk e Hanns Kräly è più vigorosa e compiuta di Anna Bolena. Soprattutto, mantiene la sua struttura fino alla fine. E offre così a Ernst Lubitsch la possibilità di variare, di guidare l’intreccio nelle svolte. Dà l’opportunità di realizzare separatamente, ma in modo organico, le singole scene, di gruppo o di massa. Come sempre nel romanzo storico, anche qui il conflitto d’amore è una forte concessione al pubblico. L’intero complesso della storia dell’architetto del palazzo del tesoro, di suo figlio e della schiava greca è macchinoso e sdolcinato. Ben riuscita è invece la composizione delle scene che la trama allestisce. Spesso si raggiunge lo straordinario. Il Faraone in tempo di pace, il Faraone nel momento della caduta, il Faraone che ritorna in incognito: in questi punti il copione è buono, perché esprime i contrasti con immaginazione e offre situazioni semplici, chiare e suggestive dal punto di vista cinematografico. Si migliorerà il film storico lasciando da parte gli intrecci secondari delle storie d’amore, oppure, come per le sottotrame, li si renderà meno banali secondo il costume dell’epoca storica? In futuro l’intero genere dovrà essere modificato, secondo i canoni della ballata.

Ciò che Lubitsch ha realizzato in questo film, con Falk e Kräly come autori, Stern come scenografo e Sparkuhl come operatore, è tecnicamente perfetto. (Herbert Ihering, Berliner Börsen-Courier, 15.3.1922, edizione serale).

“… Sullo sfondo della musica sta, come elemento caratteristico, l’esotico. Lo accettiamo di buon grado come egiziano perché la suggestione dei costumi, degli edifici e dei paesaggi è abbastanza potente da far attribuire al mondo egiziano anche alcuni suoni meno ricchi di colori. In definitiva, però, l’esotico non trova così largo impiego. Le molte scene di battaglia sono illustrate in modo di gran lunga più efficace delle poche scene singole con i loro singoli eventi. Il suono, nel suo complesso, non è danneggiato in nessuna parte da una concezione globale della melodia; Künneke si pone davanti singolarmente i personaggi del film e attribuisce ad ognuno di loro il suo linguaggio musicale. Egli prende a modello Wagner e Verdi a sufficienza per non allontanarli da sé, pur evitando il rischio di assoggettarsi a loro. Da Wagner Künneke ha preso la (ricchezza di sfumature, dell’Aida di Verdi ha usato senza esitazioni le coloriture legate all’ambientazione. Egli possiede inoltre un certo humour musicale, dispone di pathos e sa dare un ritmo che non può lasciare indifferenti. Di tanto in tanto si sente risuonare una musica di marce militari dietro la quale Ernst Lubitsch, il geniale regista del film, avrebbe certamente condotto volentieri le sue masse. (Der Kinematograph, n. 788, 26.3.1922).

Copy From

The restoration is based on a print coming from Gosfilmofond (about half the film). The missing parts are summarized in intertitles. The intertitles texts are taken from the screenplay. The final scene has a coloured excerpt from a print of Service des Archives du film du Centre National de la Cinematographie in Bois d’Arcy.