Attori non attori: un’opera magistrale con un cast “di strada”
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Seppur comunemente definito “movimento”, Il Neorealismo cinematografico è stato in realtà una corrente composita, all’interno della quale sono distinguibili tante e diverse poetiche individuali, legate a singoli autori con una base di intenti comune.
È però certamente esistita una prassi, un insieme di scelte registiche e produttive, rintracciabile nelle opere di molti cineasti neorealisti: il rifiuto dei teatri di posa, la scelta di raccontare fatti estratti dalla quotidianità, la predilezione per interpreti anonimi, spesso senza alcuna esperienza attoriale alle spalle come nel caso di Enzo Staiola e Lamberto Maggiorani: rispettivamente il piccolo Bruno e il padre Antonio in Ladri di biciclette.
Fermamente intenzionato a girare il film con “attori non attori” (e motivo per cui rifiutò i finanziamenti dei produttori americani che avrebbero voluto un noto attore dei panni di Ricci) De Sica ha più volte raccontato l’avventuroso processo di scelta degli interpreti.
Per il ruolo di Bruno incontrò centinaia di bambini giunti ai provini ma, alla fine, diede il via alle riprese senza averne selezionato uno. Fu proprio sul set che gli si avvicinò quel bimbo dal respiro affannato “con un volto buffo, un naso all’insù e degli occhi tondi, grigio gialli”, che avrebbe poi vestito i panni del piccolo co-protagonista.
L’operaio Lamberto Maggiorani era invece il genitore accompagnatore di uno dei tanti bambini presentati al provino. De Sica racconta che fu colpito dallo sguardo spaventato e buono dell’uomo, e così lo scritturò.
Maggiorani lavorava per la fabbrica romana Breda, così De Sica chiese ed ottenne per lui una licenza di due mesi al termine dei quali l’operaio sarebbe rientrato a lavoro.
Il grande talento del regista, la sua totale dedizione, la sua capacità comunicativa sul set ha poi fatto il resto, trasformando due attori non professionisti in figure iconiche e indimenticabili della storia del cinema.
“Ricordo che per far piangere il piccolo Staiola ricorsi a un trucco. Poiché nel film il padre veniva arrestato, e il bambino non voleva saperne di piangere, infilai di nascosto nelle tasche del piccolo una manciata di cicche. «Ahò», gli dissi, inchiodandolo alla sedia con l’indice teso. Quello rispose «Ce l’hai con me?», con un viso tondo in cui brillavano gli occhi di un nero fuliggine. «Sì, perché sei un cicarolo!». Si mise istintivamente le mani nelle tasche e quando si accorse che erano gonfie scoppiò a piangere. Tentò di difendersi, ma la sua voce era rotta dai singhiozzi. E pronunciò un’ingiuria. Fu così che girai una delle scene-chiave del film”.
(Vittorio De Sica, “C’è un solo regista, Visconti”, Novella2000, 17 dicembre 1974)
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