Teodora, Imperatrice Di Bisanzio
Scen.: André-Paul Antoine, Riccardo Freda. F.: Rodolfo Lombardi. M.: Mario Serandrei. Scgf.: Antonio Valente, Filiberto Sbardella. Mus.: Renzo Rossellini. Int.: Gianna Maria canale (Teodora), George Marchal (Giustiniano), Irene Papas (Saidia), Renato Baldini (Arcas), Carletto Sposito (Scorpios), Nerio Bernardi (Belisario), Alessandro Fersen (il metropolita). Prod.: Lux Film, Lux Compagnie Cinématographique de France. 35mm. D.: 91′. Col.
Scheda Film
In questo affascinante peplum-mélo girato tra Ravenna, i teatri di posa romani e le architetture dell’Eur, Freda mette in scena un personaggio femminile seducente e forte, e (a meno di un anno dal primo lungometraggio a colori italiano) sperimenta per primo in Europa una nuova pellicola in Technicolor prodotta dalla Eastman Kodak, che dà al film un aspetto assai diverso dal coevo cinema a colori italiano.
Terzo e ultimo film di Freda per la Lux, che gli concesse un’ampia libertà di movimento, è anche la sua prima opera a colori e uno dei suoi più grossi budget. Sperimentando con un negativo Eastman Kodak un nuovo procedimento la cui stampa poteva essere effettuata solo a New York, Freda riceveva i giornalieri venti giorni dopo le riprese. Sorprende tanto più la qualità del risultato, per varietà, contrasto e intensità. Sebbene non sia un ‘peplum’ in senso stretto, dati luogo e tempo dell’azione, Teodora – dopo Fabiola (Alessandro Blasetti, 1949), Gli ultimi giorni di Pompei (Marcel L’Herbier, 1950), Messalina (Carmine Gallone, 1951) e soprattutto Spartaco (1953) dello stesso Freda – può essere considerato una tappa importante verso il rinnovamento (1959-65) di un genere alquanto trascurato – a parte il colossale Scipione l’Africano – dagli inizi del sonoro. All’interno della carriera di Freda, si tratta di un film sereno ed equilibrato. L’interpretazione colpisce per la sua grande uniformità, la sceneggiatura per la scrittura abile e sovrana. Particolarmente notevoli risultano l’equilibrio tra scene di dialogo e scene spettacolari e, all’interno di tale dualismo, un altro dualismo, mirabilmente sfruttato, tra luce e ombra (vedi, nella serie di scene spettacolari, il contrasto tra la luminosità della corsa di bighe e la cupa ferocia dei combattimenti nei sotterranei). Allo stesso tempo, è uno dei rari film ottimisti di Freda. L’unione di sensualità e tenerezza nella coppia Giustiniano-Teodora trova il suo equivalente, sul piano politico, in una sintesi felice tra severità patrizia e liberalismo d’ispirazione popolare. Vengono così stabilite continue corrispondenze (nel senso baudelairiano del termine) tra la vita privata dei due personaggi e il loro destino pubblico. Esse conferiscono una sfumatura sorprendentemente positiva alla fantasticheria politica di un autore solitamente più cinico e più amaro. Restano mirabili, in varie sequenze, le inquadrature nonché la loro successione e il loro ritmo virtuosistici, che fanno di Freda uno dei grandi esteti della storia del cinema. Esempio: la scena in cui Teodora, braccata dal mostro cieco, cerca di spezzare la linea di guardie che ostacola la sua fuga.
Jacques Lourcelles, Dictionnaire du cinéma. Les films, Robert Laffont, Paris 1992