LADRI DI BICICLETTE

Vittorio De Sica

Sog.: Cesare Zavattini dal romanzo omonimo (1946) di Luigi Bartolini. Scen.: Oreste Bianconi, Cesare Zavattini, Suso Cecchi d’Amico, Adolfo Franci, Gherardo Gherardi, Vittorio De Sica, Gerardo Guerrieri. F.: Carlo Muontori. M.: Eraldo Da Roma. Scgf.: Antonino Traverso. Mus.: Alessandro Cicognini. Int.: Lamberto Maggiorani (Antonio Ricci), Enzo Stajola (Bruno Ricci), Lianella Carell (Maria Ricci), Elena Altieri (la patronessa), Gino Saltamerenda (Baiocco), Vittorio Antonucci (il ladro), Giulio Chiari (attacchino), Michele Sakara (il segretario alla beneficenza), Fausto Guerzoni (filodrammatico), Carlo Jachino (il mendicante). Prod.: Vittorio De Sica per Produzioni De Sica. DCP. Bn.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Si andava molto in giro. Si vedevano delle cose che piacevano; le si scriveva. Esiste un lungo diario di Ladri di biciclette, pubblicato da Zavattini da qualche parte. Ma il film era tutto scritto. Nasceva nella strada e nasceva a tavolino: entrambe le cose. Per esempio, l’episodio della Santona. Era una che stava sulla Nomentana, proprio di fronte a Villa Torlonia. Ci siamo andati un sacco di volte; stavamo lì alle sedute, e poi abbiamo scritto la scena. Le sceneggiature vanno scritte pensando al regista che le realizzerà in film. Ladri di biciclette era scritto per De Sica, pensando a De Sica. Chissà che ne avrebbe fatto un altro! D’altra parte è da questo contatto col regista, discutendo, e criticando, magari, la sua poetica, che il lavoro di sceneggiatura diventa più appassionante, meno meccanico. Eravamo in tanti sceneggiatori su ogni film, perché non ci facevamo caso! Pensiamo a Ladri di biciclette. Cominciò con Zavattini e Amidei. Amidei si ritirò perché non trovava il film congeniale e allora chiamarono me. E l’abbiamo fatto noi, De Sica, Zavattini, Gerardo Guerrieri e io. Poi c’è il nome di Gherardo Gherardi, un commediografo che io non ho mai conosciuto, e che era in elenco perché De Sica gli aveva detto: “Il prossimo film lo facciamo insieme”, ed era morto proprio in quell’epoca. Poi c’era un vecchio amico per il quale doveva trovare una scusa per fargli avere qualche soldo, Franci. Ci mise anche quello! Non ci si faceva minimamente caso. Zavattini diventò famoso un po’ eccessivamente, perché su Ladri di biciclette eravamo stati in tanti a lavorare e alla fine sembrava che l’avesse scritto solo lui, perché lui era quello che teorizzava, che si faceva intervistare, che scriveva… Andavamo in giro per la città a verificare i luoghi dell’azione, poi a casa di Zavattini intorno a un tavolo, affiatatissimi. Poi l’importanza e la fama di Zavattini erano cresciute e questo doveva portare anche a una famosa rivalità tra lui e De Sica, perché Zavattini non credeva alla supremazia assoluta del regista, e credeva fortemente nell’importanza dello sceneggiatore, e della sua in particolare.

Suso Cecchi d’Amico, in L’avventurosa storia del cinema italiano. Da Ladri di biciclette a La grande guerra, volume secondo, a cura di Franca Faldini e Goffredo Fofi, Edizioni Cineteca di Bologna, Bologna 2011

Copia proveniente da

Restaurato nel 2018 da Cineteca di Bologna, Compass Film e Istituto Luce – Cinecittà in collaborazione con Arthur Cohn e Euro Immobilfin presso il laboratorio L’Immagine Ritrovata