1912. NOVANTASEI FILM DI CENTO ANNI FA
Ritenendo che il cinema delle origini non fosse sufficientemente esplorato, nel 2003 Il Cinema Ritrovato ha avviato il progetto Cento anni fa. In realtà, dei film del 1912 non si può dire che appartengano alle origini, né che ci siano oggi ignoti. Dal 1982 si sono susseguite, ai festival di Pordenone e Bologna, circa 550 occasioni di assistere a film di quell’annata. Ho scelto perciò il criterio di privilegiare i film meno conosciuti.
Il primo archivio che ho visitato è stato il Národní filmový archiv di Praga, ed è stata una considerazione dell’allora direttore Vladimír Ope˘la − che il lavoro di programmazione dovrebbe essere sempre politico − a rafforzarmi nell’idea di utilizzare i film del passato come specchio del presente: sono nati così i tre programmi Lo specchio scuro. Gli altri programmi presentano film particolarmente belli, temi di spicco nella produzione dell’anno o esempi delle innovazioni tecniche. Come già in passato, in una sola settimana non hanno trovato posto tutti i miei film preferiti e le mie idee di programmazione (sono rimasti esclusi programmi come Anybody Here for Love?, Western e Leoni in salotto), anche se ho piazzato di ‘contrabbando’ Eclair 1912 e Gaumont 1912 nella sezione I colori del muto. I programmi italiani sono affidati anche quest’anno alla cura sapiente di Giovanni Lasi.
Nel 1912 sui film e sul cinema si comincia a scrivere molto. Gli scrittori frequentano le sale cinematografiche; “vivono il mondo attraverso il cinema”, e versano calde lacrime quando “il barcaro francese, lento e provato, trascina dalla riva del fiume la chiatta che porta la sua sposa morta, attraverso la campagna in fiore” (Peter Altenberg; il film è Le Haleur di Léonce Perret).
Uno dei testi sul cinema più importanti dell’anno è Das Lichtspiel di Viktor Klemperer. L’autore riconosce nel cinema “l’istituzione più democratica e più internazionale”. Internazionale, perché “il film non va in tournée, dovunque è di casa”. Democratico, “perché si offre in egual modo alla gente del popolo e alle persone colte”. Klemperer osserva che nei cinema eleganti e in quelli popolari i programmi sono identici, che “il ‘popolo’ mostra un’attenzione reverente verso i materiali seri, e le ‘persone colte’ manifestano un rumoroso apprezzamento per le farse”. Il cinema apre, a suo dire, “spazio alla fantasia creativa dello spettatore”, e tutti − colti e incolti − sono “costretti e autorizzati a dare loro stessi un’anima a quei corpi in movimento; detto semplicemente: a scriversi il proprio testo per il film”.
Rispetto al teatro, Klemperer considera il suo surrogato, il cinema, superiore nell’elemento centrale, nell’ “azione drammatica”, vale a dire “nel suscitare impressioni attraverso l’azione immediata, nel condurre l’io fuori dall’angustia della sua vita quotidiana dandogli la libertà di partecipare ai destini di altri esseri umani” (Viktor Klemperer, Das Lichtspiel, in Velhagen & Klasings Monatshefte, aprile 1912, ora in Fritz Güttinger, Kein Tag ohne Kino, 1984).
(Mariann Lewinsky)
Programma a cura di Mariann Lewinsky