LEO THE LAST
Sog.: dalla commedia The Prince di George Tabori. Scen.: John Boorman, Bill Stair. F.: Peter Suschitzky. M.: Tom Priestley. Scgf.: Tony Woollard. Mus.: Fred Myrow. Int.: Marcello Mastroianni (principe Leo), Billie Whitelaw (Margaret), Calvin Lockhart (Roscoe), Glenna Forster Jones (Salambo), Graham Crowden (Max), Gwen Ffrangcon Davies (Hilda), David De Keyser (David), Vladek Sheybal (Laszlo), Keefe West (Jasper), Kenneth J. Warren (Kowalski). Prod.: Irwin Winkler, Robert Chartoff per Caribury Films Ltd., Chartoff/Winkler/Boorman 35mm. D.: 104’. Col.
Scheda Film
Sono andato a Venezia per convincere Mastroianni a recitare nel mio film, Leo the Last. L’ho trovato seduto sulla terrazza di Palazzo Gritti, con Faye Dunaway. […] I turisti in gondola e sui vaporetti passavano voltandosi all’unisono per ammirare la visione del leggendario Latino e di una divinità del cinema americano. Marcello aveva l’aria perplessa ma rassegnata che conosciamo dai suoi film, quella di chi dice: “Non capisco assolutamente perché la gente pensi che io sia una star del cinema, o perché delle belle donne vogliano che faccia l’amore con loro, ma dato che è così sarebbe maleducato da parte mia non accontentarle”. A poco a poco, mi sono reso conto che Marcello era un uccello raro, un attore privo di vanità, autoironico, completamente a suo agio con se stesso e da lì veniva il suo fascino, un fascino naturale che colpiva e conquistava tutti quelli che lo incontravano. È venuto a Londra e abbiamo girato il film. […] Quando arrivava al mattino era meno sveglio di un quarto di bue. Fred, il suo costumista, gli somministrava una tazza di espresso fortissimo, che beveva mentre s’infilava l’abito di scena. Insieme ai vestiti, indossava il personaggio, Leo. Era una metamorfosi totale. Rimaneva così per tutta la giornata, avrei potuto filmarlo anche durante la pausa pranzo. Alle sei si rimetteva i suoi vestiti, si spogliava del personaggio che aveva interpretato, senza più pensarci fino all’espresso dell’indomani mattina. Era come l’operaio di una fabbrica, tutto contento mentre lavora duramente, ma felice di sentire la sirena. […] Per un regista, Marcello era un sogno. Grazie a lui, qualsiasi scena riusciva bene. Un ammiccamento, un’alzata di spalle rendevano superflui certi dialoghi. Tecnicamente, era in grado di destreggiarsi in un dedalo di movimenti per risolvere un problema di ripresa. Gli mostravi un complesso schema di posizioni in cui doveva trovarsi. Alzata di spalle. Nessun problema. […] Marcello non insisteva, non protestava, non implorava. Era presente, e basta. Non ho mai sentito il bisogno di scusarmi con lui per averlo fatto aspettare. C’era una scena in cui doveva dormire a letto. Mentre posizionavamo le luci e preparavamo la scena, Marcello si è addormentato per davvero. Abbiamo dovuto svegliarlo perché recitasse la parte del personaggio che dorme.
John Boorman, Remembering Marcello, in Projections 7: film-makers on film-making, a cura di John Boorman e Walter Donohue, Faber and Faber, Londra-Boston 1997