THEY MADE ME A FUGITIVE

Alberto Cavalcanti

T. it.: Sono un criminale; Sog.: dal romanzo A Convict Has Escaped di Jackson Budd; Scen.: Noël Langley; F.: Otto Heller; Mo.: Margery Saunders; Mu.: Marius-François Gaillard; Int.: Sally Gray (Sally Connor), Trevor Howard (George Clement “Clem” Morgan), Grif th Jones (Nancy), René Ray (Cora), Mary Merrall (Aggie), Charles Farrell (Curley), Michael Brennan (Jim), Jack McNaughton (Soapy), Cyril Smith (Bert), John Penrose (Shawney), Eve Ashley (Ellen), Phyllis Robins (Olga), Bill O’Connor (Bill), Maurice Denham (Signor Fenshaw), Vida Hope (Signora Fenshaw); Prod.: Nat Bronstein per A.R. Shipman Productions, Alliance Films Corporation (come Gloria-Alliance); Pri. pro.: 24 giugno 1947 35mm. D.: 100’. Bn.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Alberto Cavalcanti, la cui carriera cosmopolita è una delle più eccezionali della storia del cinema, alla fine degli anni Quaranta fece un’altra delle sue tante incursioni in nuovi territori con due dei migliori esempi di film noir e della sua originalissima variante britannica, They Made
Me a Fugitive
(1947) e For Them that Trespass (1949). Il primo è l’avvincente studio di un’epoca claustrofobica, la cui atmosfera si riversa in tutti gli ambienti: la strada, il pub, una squallida abitazione o una prigione. Il clima è un po’ alleviato da un umorismo nero e caustico, che tuttavia apre solo altre trappole di manipolazione e corruzione. Su “Sight and Sound” Arthur Vesselo osservava infatti che il film “avrebbe potuto benissimo uscire direttamente dagli studios tedeschi degli anni Venti”. E Raymond Durgnat scrive di una “bizzarra poesia distillata dalla strana mescolanza di umorismo, brutalità e sordido realismo”.
They Made Me a Fugitive appartiene ai film dedicati agli spiv, piccoli criminali esperti nell’arte di arrangiarsi – qui rappresentati dal sinistro guro di nome Narcy (Griffith Jones) – che si ritrovano altrove in personaggi interpretati in quegli anni da Richard Attenborough, Stewart Granger o Dirk Bogarde. Robert Murphy ha visto Narcy come uno dei grandi ritratti di cattivo del cinema britannico, “vero eroe disgustoso della classe operaia”. Ancor più fondamentale è Trevor Howard, ambiguo ex ufficiale della RAF dedito al mercato nero che Raymond Durgnat definì “un cinico finito in mezzo ai delinquenti, caustico, riflessivo ed esplosivo come Bogart”. E aggiungeva: “Questa sordida mescolanza di meschinità e sadismo è il pezzo d’atmosfera più poetico e fosco di Cavalcanti dagli anni dell’avanguardia”. Commentando i personaggi, Peter Wollen scrisse acutamente che il film di Cavalcanti preparò il terreno per The Servant (Il servo, 1963) e Performance (Sadismo, 1970), “con i loro ritratti dello scapestrto proletario e dell’uomo carismatico in fuga”.
Questa visione da emigranti (con il brasiliano Cavalcanti lavorò il direttore della fotografia austriaco Otto Heller) è ben più di un film di genere. Uno spirito profondamente derisorio permea perfino le ambientazioni, ridicolizzando tutte le nozioni ufficiali di dovere, decenza e rispettabilità fino a culminare nell’ironia suprema dei piccoli delinquenti che chiamano i loro traffici “libera impresa”.

Peter von Bagh

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