William Wellman, tra muto e sonoro

Dopo gli omaggi a von Sternberg, Capra, Ford, Hawks, Walsh e Dwan, quest’anno la retrospettiva dedicata ai mae­stri del cinema americano celebra William Wellman (1896­1975) proponendone tutti i film muti, i primi sonori e al­cuni capolavori della maturità.
Le copie disponibili dei muti di Wellman sono purtroppo molto poche: You Never Know Women (1926, e già il suo dodicesimo) è un film sullo spettacolo che offre un punto di vista dall’interno del mestiere, come accadrà con Wings (1927), film di piloti e di guerra. Beggars of Life (1928) in­troduce al grande territorio wellmaniano dei film pre-Hays. Wellman seguiva una morale personale, estranea al morali­smo predicato dalla società. Padroneggiava tutti i generi e oltre ogni categoria. La sua sensibilità per il paesaggio e il clima è paragonabile a quella di Ford (che preferiva il vento, mentre Wellman trova più congeniale la pioggia), e il suo gusto per l’avventura, l’azione e la fisicità degli uomini in guerra ricordano i migliori Hawks e Walsh.
La caratteristica più felice di Wellman era l’irriverenza, che culmina nell’assurdo totale di Nothing Sacred (1937): tra le poche grandi screwball comedies che osano portare aggres­sivamente in scena la stupidità della provincia americana. Le commedie di Wellman sono crude quanto i suoi film d’azione: un certo gusto per la contaminazione dei generi pare attraversare tutta la sua opera.
La produzione di Wellman è così ampia da risultare qua­si ingestibile, e qualsiasi scelta è destinata a escludere film fondamentali. Ma ci attende una piacevole sorpresa, poiché i classici e i film meno conosciuti risultano ugualmente go­dibili. Prendiamo i western. The Ox-Bow Incident (1943) riflette con i suoi set claustrofobici l’orrore della giustizia sommaria e della violenza sempre in agguato sotto la su­perficie della civiltà. Yellow Sky (1948), violento film quasi privo d’azione, sta dalle parti di Greed (1924) eThe Treasu­re of the Sierra Madre (1948). Westward the Women (1951), crudo viaggio dominato dalla legge della sopravvivenza, fa sembrare blandamente romantici la maggior parte degli altri western.
Ogni incursione in un altro genere corrisponde a una di-versa tonalità. A Star Is Born (1937) non ha nulla da invi­diare al magistrale remake di Cukor nel tormentato ritratto dell’industria dello spettacolo. Lo splendido Good-bye, My Lady (1956) sull’amicizia tra un ragazzino e un cane – e sulla natura, la vita nelle paludi, la famiglia – mostra come la perdita faccia parte di ogni transizione verso la maturità. Per molti questa rassegna sarà una rivelazione, visto che qua­si nessun libro di storia del cinema cita film magnifici come Other Men’s Women (1931) o Midnight Mary (1933). Perfi­no i migliori autori mostrano di non apprezzare a sufficienza l’opera di Wellman se messi di fronte alla sua intera produ­zione. Prevedo invece che la nostra rassegna sortirà l’effetto contrario: un semplice, crescente entusiasmo.

(Peter von Bagh)

 

Programma a cura di Peter von Bagh