Omaggio a Lewis Milestone
Nel 1963 Andrew Sarris annoverava Lewis Milestone tra i “Fallen Idols” (Film Culture, n. 28) definendolo “un formalista di sinistra”. Sei anni più tardi la rivista Films & Filming (December 1969), in occasione dell’uscita di Mutiny of the Bounty, non era molto più tenera.
“Come è capitato a molti altri registi della vecchia guardia, la reputazione di Lewis Milestone è in qualche modo sfiorita negli ultimi dieci anni. I suoi film non recano più quel marchio di riconoscibilità che distingueva i suoi primi lavori”.
La cosa strana è che nella considerazione critica su Milestone erano proprio i suoi primi film (All Quiet escluso) a non essere mai presi in considerazione, come ammetteva candidamente Richard Koszarski in Hollywood Directors 1914-1940 (Oxford University Press, 1976): “I suoi film muti erano stati apprezzati per la loro freschezza e la loro forza, ma i migliori tra questi (The Cave Man, Two Arabian Nights, The Racket) non si vedono più da anni e al momento sono difficili da rintracciare”.
L’impressione è che, da Sarris in giù, nessuno li avesse mai visti. E che anche di All Quiet in pochissimi avessero visto la versione sincronizzata che è quella che presentiamo in questo omaggio. E dire che nell’autunno 1964, in un’intervista pubblicata da Film Culture nonostante la scomunica di Sarris, Milestone dichiarava: “Ho cominciato a fare il regista nel 1925. Il mio primo film è stato una commedia intitolata Seven Sinners prodotta dalla Warner Brothers. A Hollywood ero arrivato nel 1919 e, prima di esordire alla regia, avevo lavorato come montatore e sceneggiatore. Anche l’ultimo muto che ho fatto è stato una commedia. Si chiamava Two Arabian Nights, con Louis Wolheim e Bill Boyd. Per quel film ho preso il mio primo Oscar e rimane uno dei miei preferiti” (Film Culture, n. 34).
In realtà Milestone ricorda male. Prima dell’arrivo del sonoro girò ancora The Garden of Eden, The Racket e The Betrayal, ma l’apprezzamento rimane.
Gualtiero De Marinis