La messa in scena della guerra fredda
La lunga Guerra Fredda
Dopo la rassegna dell’anno scorso sulla mise-en- scène della seconda guerra mondiale, ora offriamo al pubblico la sua logica continuazione con la mise-en-scène (o più spesso la sua assenza) della alla Guerra Fredda, uno spettacolo di dure realtà e grandi assurdità che coinvolgono tutte le parti in gioco e una serie di paesi come Unione Sovietica, Ungheria, Spagna, Italia e, naturalmente, gli Stati Uniti, con molti film rari, tra i quali l’atteso arrivo sullo schermo del leggendario My Son John di Leo McCarey. Nel 1952, il critico Robert Warshow scrisse su questo film un commento che merita di essere riportato come introduzione generale: “La logica nascosta sembra voler dire: visto che non possiamo capire il comunismo è probabile che qualsiasi cosa non possiamo capire sia comunismo.”
Nel cinema, come nella vita, i due maggiori esponenti sono naturalmente i due antagonisti principali, gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica. Entrambi produssero una notevole quantità di film, spesso di infima qualità, ma che riuscivano comunque a essere uno specchio sorprendente di quei tempi difficili. Un’inquietante similitudine emerge dal collage di film come The Iron Curtain e I Was a Communist for the F.B.I. sul versante hollywoodiano, e Meeting at the Elbe o Conspiracy of the Doomed sul versante orientale. Nell’attesa, speriamo non infinita, di poter proiettare la sensazionale opera che Ingmar Bergman diresse nel 1950, This Can’t Happen Here, abbiamo provveduto a compensare questa assenza con opere di “paesi terzi”: dall’Ungheria State Department Store, una commedia musicale che unisce le immagini di un paradiso del consumismo alla lotta di classe; dalla Spagna El canto del gallo, uno straordinario e cupo film che prova come un’opera della Guerra Fredda non debba necessariamente essere un B-movie hollywoodiano. Anche in Italia, dove la guerra fredda non ha influito eccessivamente sulla produzione cinematografica corrente, esistono esempi notevoli, come dimostrano le svariate produzioni girate nella zona di Trieste, ma soprattutto i film di Marcello Baldi a cui dedichiamo un omaggio.
Il film americano Armoured Attack è una folle dimostrazione del modus operandi di quell’epoca: una versione rimontata nel 1957 del film The North Star di Lewis Milestone del 1943, che trasforma un mediocre film pro-sovietico sulla guerra in una visione anti-comunista e cinematograficamente ancora meno pregevole.
A questo tema si collegano anche i film sul Piano Marshall (tra i quali l’allegro film spagnolo ¡Bienvenido Mr. Marshall! di Luis García Berlanga), un periodo in cui i film di propaganda destinati all’Italia erano particolarmente ben documentati, oltre ad alcuni esempi di propaganda comunista francese. Una cosa che, ovviamente, ci consentirà di contestualizzare meglio anche la visione di A King in New York di Chaplin.
Peter von Bagh