Breve, violento e cattivo: il noir di Felix E. Feist

Anche se per lui il cinema era un mestiere di famiglia, Felix Ellison Feist rimase sempre una figura anomala. Negli anni Venti suo padre era il responsabile commerciale della MGM, e Feist si fece le ossa prima come aiuto operatore negli studi della compagnia sulla East Coast, poi girando cinegiornali e travelogue. Malgrado il successo del suo primo lungometraggio, lo spettacolare Deluge (La distruzione del mondo, 1933), che con abbondanza di effetti speciali immaginava una New York sommersa e distrutta da un’onda anomala, Feist trascorse il resto degli anni Trenta e Quaranta girando cortometraggi per la MGM. Nel 1947, però, trovò una sua nicchia nell’ondata di film noir che aveva travolto Hollywood. Passando alla RKO Radio Pictures – per molti ‘la casa del noir’ – Feist scoprì che i brevi thriller polizieschi a basso costo gli fornivano lo schema per creare film sorprendenti conditi di verve e di violenza. Gli erano particolarmente congeniali i personaggi disperati chiusi in spazi ristretti, come nello snervante The Devil Thumbs a Ride (1947) e nel successivo e altrettanto monomaniacale The Threat (1949).
Benché in privato fosse un uomo colto e sofisticato, nel suo approccio alla materia pulp Feist rivelò una vena sovversiva che incrociava una brutalità alla Anthony Mann con l’impeto quasi farsesco dei cartoni animati di Chuck Jones. Preferiva lavorare nelle trincee della serie B, dove godeva di una maggiore libertà creativa. I produttori ne apprezzavano l’ingegnosità e la capacità di risolvere i problemi. Per molti versi Feist era simile a Edgar G. Ulmer: entrambi trassero ispirazione, anziché essere ostacolati, dalle limitazioni di tempo e risorse dei film di serie B.
Quando Jack M. Warner (il figlio del padrone degli studios) produsse il suo primo film, The Man Who Cheated Himself (1951), mise tutto nelle mani di Feist, che lo girò in maniera efficiente e valorizzando al massimo le riprese in esterni a San Francisco. Al regista fu poi affidato un film della Warner Bros. che andava ripensato in seguito alla morte di John Garfield, per il quale era stato scritto. Un budget più cospicuo, tempi di lavorazione più lunghi e la fantastica sceneggiatura di Art Cohn – ispirata a La sanguinaria passando per John Steinbeck – spinsero Feist ad attingere a tutte le sue risorse per Tomorrow Is Another Day. L’esito è un capolavoro noir sincero e originale, guastato solo da un finale imposto dagli studios. Negli anni Cinquanta Feist girò altri film, come The Big Trees (Il tesoro dei Sequoia, 1952), Lo sparviero di Fort Niagara (1952) e Il cervello di Donovan (1953), ai quali mancavano però lo slancio e la maestria che aveva saputo infondere nei noir. Dopo oltre un decennio di regie televisive, Feist morì nel 1965 a soli cinquantacinque anni.

Eddie Muller