Armenia. Il genocidio e il silenzio del muto

Programma a cura di Jay Weissberg, Mariann Lewinsky e Peter Bagrov

 

Il mondo ha parlato a bassa voce del genocidio armeno e il cinema internazionale ha generalmente rispettato quel silenzio. Pochi film trattano di questa tragedia immane e per molti versi irrappresentabile.
Il cinema sovietico fu incapace di colmare quel vuoto tangibile. Se Hamo Beknazaryan, padre del cinema armeno, e altri registi del suo paese filmarono le diverse nazionalità riunite nell’URSS, nessuno di loro riuscì ad affrontare i dolorosi eventi del passato armeno perché qualsiasi intento nazionalista potenzialmente incontrollabile veniva soffocato dal governo centrale.
Nei decenni che precedettero il primo film armeno sul genocidio (Nahapet, 1977), furono rarissime le opere che osarono trattare la questione. Meritano una menzione tre titoli del dopoguerra non inclusi in questa rassegna. Il documentario del 1945 Fatherland di Gurgen Balasanyan, Levon Isahakyan e Hrayr Zargaryan usava materiali d’archivio sul genocidio per appoggiare i piani politici di Stalin alla fine della Seconda guerra mondiale (che poi cambiarono). Durante il disgelo post-staliniano What’s All the Noise of the River About? (1958) di Grigor Melik-Avagyan narrava la storia di un uomo scampato al genocidio che tentava di tornare nella sua terra sull’altro versante del Monte Ararat.
Tra i film degli anni Sessanta, Hello, It’s Me (Frunze Dovlatyan, 1965) si fece notare grazie alla proiezione a Cannes. Benché non parli direttamente del 1915, il film usa la memoria come mezzo cruciale per risvegliare la coscienza del paese. Come dice il protagonista, “i ricordi non sono un peso, sono fame di passato”. L’incipit mostra la ‘febbre degli scacchi’ durante il campionato mondiale del 1963, quando migliaia di persone si riunivano sperando nella vittoria del compatriota Tigran Petrosyan; il protagonista, dialogando con il suo alter ego, giustifica quegli assembramenti parlando di “orgoglio ferito della nazione e spedizione collettiva nel passato, memoria di massa”. I cittadini dell’Armenia sovietica scesero in piazza anche nel 1965, questa volta per chiedere la commemorazione del cinquantesimo anniversario del genocidio. In seguito alle proteste le autorità comuniste acconsentirono alla costruzione di un monumento in omaggio al milione e mezzo di vittime.
Il genocidio armeno resta tuttora una ferita aperta della storia. Oltre a immagini d’archivio, la rassegna presenta titoli prodotti in Armenia, con il primo film armeno Namus (1926), Kikos (1931) e Kurdy-Ezidy (1932) a rappresentare il primo periodo sovietico. Il tardo periodo brežneviano permise un più ampio dibattito sui diritti nazionali, rendendo possibile un film come Nahapet (1977), che contiene espliciti riferimenti al genocidio. Nahapet fu proiettato a Cannes nel 1978 nella sezione Un certain regard. The Despoiler (1915), nella riedizione del 1917 con didascalie riscritte che lo collegano al genocidio, è inserito nella sezione Cento anni fa.

Siranush Galstyan

 

 

Programma