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03/07
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APARAJITO
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APARAJITO
Scheda Film
Pensare a qualcuno significa farne tornare un’immagine su uno sfondo di assenza (il suo corpo). È un primo modo per Ray – e soprattutto in Aparajito, tra la madre e il figlio, la campagna e la città – di riparare un vuoto, di colmare il divario delle distanze, reali e affettive, tra il corpo lontano (l’esterno) e la sua immagine vicina (all’interno). È un modo di far tornare l’altro, di renderlo presente, ma è anche, tramite il gioco di sostituzione tra il dentro e il fuori (un’immagine al posto del corpo), il compimento di una prima elaborazione del lutto. In Aparajito, il volto severo e pensoso della madre emerge sempre in chiusura di un movimento di macchina che abbraccia il corpo nella sua interezza. Al primo piano del volto non si giunge mai attraverso il montaggio ma grazie alla cinepresa, che ne fa il punto di sospensione narrativo in cui si dissolve sistematicamente il flusso di una sequenza (la sua conclusione aperta), come se il pensiero del personaggio (rivolto ad Apu, altrove) si sciogliesse placidamente e amaramente in una lunga dissolvenza al nero, annunciatrice della sua stessa scomparsa.
Per Ray, fare un’immagine – meglio: avere un’immagine – è pensare a qualcuno, è proporre un mondo che, nel prolungamento naturale di tale operazione, fa sentire stranamente vicino chi si è perso di vista. La carica sensibile delle immagini di Aparajito consiste in quella leggera e discreta piega del pensiero che presiede a qualsiasi inscrizione di un’immagine nel reale. Se in Ray si incontra il reale, non è tanto perché ci si pensa prima di andarci (la ritrosia prudente) quanto perché l’esperienza del mondo (celebrare la sua presenza) fa che prima o poi ci si metta a pensarlo: un altro modo per il soggetto di storicizzarsi in esso attraverso l’esperienza della morte. Perché partire, perdere di vista l’altro nella prospettiva di un lungo viaggio, è davvero sentir passare dentro di sé il flusso della morte che solo il pensiero può riassorbire. Se un personaggio si abbandona al pensiero, la sensazione della morte è già in lui. Per Ray, l’elaborazione del lutto, all’inizio del pensiero, è il legame tra il soggetto e il mondo.
Charles Tesson, Satyajit Ray, Cahiers du Cinéma, Paris 1992
Cast and Credits
Sog.: tratto dai romanzi Pather Panchali e Aparajito di Bibhutibhusan Banerjee. Scen.: Satyajit Ray. F.: Subrata Mitra. M.: Dulal Dutta. Scgf.: Bansi Chandragupta. Mus.: Ravi Shankar. Int.: Kanu Banerjee (Harihar, padre di Apu), Karuna Banerjee (Sarbajaya, madre di Apu), Pinaki Sengupta (Apu studente), Smaran Ghosal (Apu adolescente), Ramani Sengupta (Bhabataran), Charuprakash Ghosh (Nanda-babu), Subodh Ganguli (il preside), Moni Srimani (l’ispettore scolastico), Hemanta Chatterjee (l’insegnante). Prod.: Epic Productions · DCP. Bn.
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