Gio
27/08
Teatro Comunale di Bologna > 16:00
16mm e Ritrovati: Plaat e Méliès
Hervé Pichard (Cinémathèque française)
Accompagnamento alla batteria di Frank Bockius
La Fée carabosse sarà proposto con un commento dal vivo di Andrea Meneghelli, scritto da Jacques Malthête a base di un testo originale di Georges Méliès (Italiano con sottotitoli inglesi)
HENRI PLAAT: FARE FILM COME ‘EVOLUZIONE DI UN HOBBY’
Henri Plaat (1936) è un artista visivo e creatore di opere grafiche, disegni, gouache e collage. Dopo l’abbandono prematuro della scuola si iscrive all’Università di arti applicate per studiare tipografia. Ma la direzione presa gli va stretta, e ben presto si dedica al disegno e si appassiona ai geroglifici dell’antico Egitto e alla cultura Maya. I ricordi della Seconda guerra mondiale e dei cinegiornali influenzano le sue creazioni portandolo a sviluppare un personalissimo codice per ribellarsi alla realtà: “L’umorismo è un antidoto alla paura di cose orribili”. Nel 1966 Plaat si procura una macchina da presa e inizia a girare prima in 8mm e poi in 16mm. Si interessa all’interazione tra immaginario e reale, come rivela il suo impiego di luce e colore, movimento e immobilità, sonoro e musica. Nelle sue performance filmiche più brevi adatta fotomontaggi a opere liriche e canzoni, accostando Wagner e Zarah Leander a suoni di guerra e rumori di aerei. Usando le tattiche dell’assurdo, Plaat esamina giocosamente la teatralità e la natura della meraviglia, spesso facendo ricorso all’improvvisazione associativa, in contrasto con la cruda e tormentata realtà delle guerre che sconvolsero l’Europa. I suoi eclettici diari di viaggio sono elegie fantastiche che si avventurano in surreali esplorazioni archeologiche – in America Latina, India, Grecia e Nord America – con un interesse particolare per i paesaggi in rovina e la bellezza fatiscente. Il suo sguardo sugli imperi caduti e la malinconia della passata grandezza è nostalgico ma incarna anche un desiderio di veridicità, di imparare dalle origini e di preservare questo stato d’animo per l’umanità futura. La scelta di lavorare su pellicola è fortemente motivata dalle qualità visive delle invertibili Kodachrome e Tri-X, che sono in grado di tradurre la sua predilezione per la luce, l’ombra e il colore.
Marius Hrdy
MÉLIÈS 1900
Il 1900 è un anno di svolta nell’opera di Georges Méliès. Nell’inverno 1899-1900 inizia ad ampliare e a perfezionare il suo primo studio, costruito nel 1897. Alla fine del 1899 ha già girato oltre duecento film di varia lunghezza – da 20 a 120 metri – nei quali ha brillantemente messo a punto e accumulato trucchi straordinari (fermi macchina per le apparizioni, le scomparse e le sostituzioni, dissolvenze semplici, flou, incrociate, sovrimpressioni semplici e multiple) cimentandosi in tutti i generi, che Meliès definisce films de plein air (documentari), sujets composés (scene comiche, commedie, diavolerie, balletti, attualità ricostruite…) e vues à transformations (film a trucchi). Una delle prime produzioni del 1900, che conterà quasi ottanta titoli (un record!), è una serie di diciassette film di 20 metri girati all’Esposizione universale di Parigi. È in questo stesso anno che Méliès gira una ventina di film pubblicitari per vari prodotti (aperitivi, biberon, whisky, lucido da scarpe, senape, ecc.). Sempre nel 1900 realizza Jeanne d’Arc, il suo primo film a superare i 200 metri, e grazie a una sovrimpressione multipla riesce nell’impresa di interpretare ben sei musicisti più il direttore d’orchestra, in L’Homme-orchestre, un tour de force che ripeterà tre anni dopo in Le Mélomane, moltiplicando la propria testa per sei e attaccandola a un pentagramma. È anche l’anno in cui sperimenta con l’accelerazione delle immagini in Spiritisme abracadabrant, Le Déshabillage impossible e Le Réveil d’un monsieur pressé e sfrutta la partizione orizzontale dello scenario in Le Savant et le Chimpanzé e La Maison tranquille. È infine nel 1900 che gira Rêve de Noël, una féerie di 160 metri in venti quadri. Per questo film il catalogo Méliès propone un quadro supplementare facoltativo (Le grand orgue et la maîtrise), tra l’undicesimo e il dodicesimo quadro. Quello stesso anno, Nouvelles luttes extravagantes può essere venduto senza una precedente versione del 1899, Luttes extravagantes, con la quale il film è solitamente montato. Grazie a questi due film e ad altri titoli del catalogo si comprende come il cinema delle origini fosse tutt’altro che statico.
Jacques Malthête
Info sullaProiezione
Sottotitoli
Versione originale con sottotitoli
Modalità di ingresso
OTHER THOUGHTS III
I AM AN OLD SMOKING, MOVING INDIAN MOVIE-STAR
Les Miracles du brahmine
LE FÉE CARABOSSE OU LE POIGNARD FATAL. Grande légende fantastique bretonne en 20 tableaux
Didascalie francesi
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