Il cinema di Sergio Leone: una rivoluzione

“Ariosto rivisita il Medioevo come Leone rivisita il West”
 Umberto Eco

 

Nel 2014, in occasione della proiezione a Cannes della versione restaurata di Per un pugno di dollari il regista Quentin Tarantino ha affermato: “Questo film non segna solo l’inizio dello spaghetti western, ma anche del cinema moderno”.

Quando, nel 1964, uscì nelle sale Per un pugno di dollari, primo film di quella che sarebbe poi divenuta la celebre Trilogia del dollaro, gli spettatori videro per la prima volta sullo schermo un pistolero sporco, sudato, taciturno, senza nome e per certi versi senza valori morali, farsi avanti in sella al suo mulo presentandosi come il protagonista, “l’eroe”, di un film western. Il genere western era nato agli albori del cinema come rappresentazione mitica della colonizzazione dei territori dell’Ovest e della nascita degli Stati Uniti. Con registi come John Ford, o James Cruze, il western si era imposto su scala globale divenendo sinonimo di cinema americano, un genere fortemente codificato, in cui non vi era spazio per il realismo, in cui eroi e cattivi tendevano ad avere tratti idealizzati e stereotipati.

Sergio Leone, che aveva amato da ragazzino il cinema americano, era cresciuto attingendo a quell’immaginario, ma aveva anche conosciuto da vicino il Neorealismo italiano: con Per un pugno di dollari, e ancor più con i capitoli successivi della Trilogia, reinventò la mitologia western mettendola in dialogo con elementi di realismo inediti. Personaggi sporchi, immorali, violenti sostituivano i precedenti eroi dal volto pulito e sbarbato, animati dai buoni sentimenti.

La principale fonte d’ispirazione per la realizzazione del film fu La sfida del Samurai di Akira Kurosawa, film che aveva entusiasmato Leone e del quale egli decise di mantenere struttura narrativa e caratteri generali del protagonista, tuttavia non mancarono i riferimenti alla cultura popolare e alla commedia dell’arte:

[…] è possibile individuarli nel coro, nell’eroe-truffatore, nell’attenzione insolita ai dettagli del mangiare e del bere, nel burlarsi della morte, nei gesti plateali dei personaggi ispanici, nel grottesco realismo dei volti dei banditi”.

L’ironia, per la prima volta, entrava a far parte del genere, e quel mondo che prendeva forma sullo schermo diveniva quasi un gioco per bambini animato da un umorismo carnevalesco, espressione di un certo spirito trasteverino, disincantato e sornione.

Sul piano tecnico e linguistico, a partire da Per un pugno di dollari, Leone si spinse a considerare tutte le possibilità che l’inquadratura poteva offrire, dal campo lungo al primissimo piano, in maniera ardita e fino ad allora mai esplorata: i primi piani dei volti che si osservano a vicenda e i dettagli di Sergio Leone sono divenuti un manuale di cinema per tanti cineasti contemporanei.

Allo stesso modo, la colonna sonora firmata da Ennio Morricone, fatta di musica, suoni, e una grande varietà di rumori suonò come qualcosa di mai udito prima. 

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Nella gallery, il “Metodo Leone”: la “sporcatura” degli eroi, dal set di Giù la testa (1971). I negativi di queste immagini, realizzate dal fotografo di scena Angelo Novi, sono conservati all’Archivio fotografico della Cineteca di Bologna.

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