30/06/2016

Sguardi inediti su “Singin’ in the Rain”

Se per molti musical capita che il processo di scrittura preceda l’inserimento di numeri musicali, in questo caso avviene il contrario: Artur Freed (produttore dell’MGM che aveva cominciato la propria carriera come compositore) incaricò Betty Comden ed Adolph Green di scrivere il film basandosi sulle canzoni da lui scritte, e il titolo di questo sarebbe dovuto essere Singin’ in the Rain.

Don Lockwood (Gene Kelly) e Lina Lamont (Jean Hagen) sono la coppia da copertina della Monumental Pictures, la crème de la crème del cinema muto. Siamo nel 1927, The Jazz Singer è nelle sale e i sostenitori del muto storcono il naso. “Volgare” è il commento, e l’unica battuta, di Olga Mara (Judy Landon), nel suo iconico abito nero. L’entrata in scena del sonoro è lo storico spartiacque che porta la casa di produzione a cambiare nell’immediato i propri progetti, trasformando il film in cantiere in un modernissimo parlato.

Il livello di divertimento assicurato da questo film è altissimo, sostenuto dalle battute e dalla fisicità comica di personaggi come Cosmo Brown (Donald O’Connor) che è nel suo personaggio letteralmente dalla testa ai piedi. Non viene trascurata una buona dose di romanticismo: Gene Kelly è un coreografo, una voce, un atleta, una cotta adolescenziale e la complicità che ha con Kathy Selden (Debbie Reynolds) sullo schermo è incantevole (ed invidiabile).

L’eccellenza dei numeri musicali si deveo principalmente all’impegno che Gene Kelly investe nella regia. Le riprese lunghe e i campi ampi che permettono di vedere la coreografia. Tanti ballerini quanti sono coinvolti nella sequenza di Gotta Dance non si vedono spesso sul grande schermo per motivi tecnici: le prove richiedono molto tempo e i tagli sono un modo economico di nascondere gli errori. Chorus Line? I ballerini sono pressapoco la metà. Jesus Christ Superstar? Primi piani a non finire. Hair? Continui cambi del punto di ripresa. Gene Kelly? Avrebbe potuto girare l’intero film con una sola cinepresa.

Il personaggio di Jean Hagen non va trascurato, è la perfetta antagonista. Fin dall’inizio mostra tendenze epicuree e il genio nella sceneggiatura sta nel farla sembrare fastidiosa sì, ma innocua, fino a quando non sembra essere troppo tardi. La sua performance è spettacolare. Se amate i musical, ma soprattutto se non li amate, fate in modo di vedere questo film.

 

Eugenia Carraro