DIVE RUSSE IN ITALIA

A cura di Mariann Lewinsky e Tamara Shvediuk

Tra il 2022 e il 2023, proprio mentre il Gosfil’mofond ritrovava e identificava tre film con la diva del cinema muto italiano Diana Karenne, la Cineteca di Bologna recuperava La tartaruga, film finora perduto con Elena Makowska, e la Cinémathèque française lavorava a un nuovissimo restauro del frammento di Thaïs di Anton Giulio Bragaglia, con protagoniste le danzatrici Thaïs Galitsky e Ileana Leonidoff. Da qui è nata l’idea di un programma sulle dive russe nel cinema muto italiano, fenomeno poco conosciuto ed esplorato. Anzitutto, occorre una definizione geografica. Le attrici e, più in generale, tutte le maestranze russe che si affermarono nella penisola negli anni Dieci erano originarie dell’Impero russo, così come questo si configurava prima della perdita di molti dei suoi territori europei a seguito del trattato di Brest-Litovsk. Si tratta di un dettaglio importante, perché quasi tutti questi artisti provenivano da specifiche aree geografiche (l’Ucraina in primis, ma anche la Polonia). E tuttavia, essi esprimevano una medesima sensibilità, cultura e stile decisamente russi, come emerge anche dal linguaggio usato nei loro carteggi privati.
Alcune attrici – come Ileana Leonidoff, Elena Makowska, Berta Nelson e Diana Karenne – si trasferirono in Italia ben prima della guerra. Sullo sfondo c’era la moda del momento per gli artisti russi, iniziata nel 1909 quando i Ballets Russes erano apparsi in Europa grazie all’impresario Sergej Djagilev e che, in breve tempo, si erano affermati trionfalmente e avevano reso le ballerine delle vere celebrità: Anna Pavlova, Ida Rubinštejn, Tamara Karsavina, Vera Karalli (in seguito una delle attrici più importanti del muto prerivoluzionario russo). Tuttavia, una parte cospicua di questa stessa straordinaria generazione di artisti arrivò in Italia a seguito della Rivoluzione russa (la cosiddetta ‘emigrazione bianca’). Tra questi, Tatiana Pavlova, Varvara Janowa e Olga Ork de Belajeff. Molte di loro avevano origini ebraiche (come le stesse Karenne, Nelson e Pavlova).
I critici apprezzarono sin da subito il taglio netto delle attrici russe con la tradizione divistica e accolsero con entusiasmo il loro nuovo stile, così come l’intelligenza e l’intraprendenza di queste donne che avevano spesso una solida formazione artistica, grazie alle loro precedenti esperienze nell’opera, nel balletto o nel teatro. Non a caso qualche anno dopo riscuoteranno il medesimo successo a livello europeo, prima in Francia e poi in Germania.
Oltre ai menzionati recenti restauri, presentiamo Miss Dorothy con la Karenne (che al Cinema Ritrovato del 2020 hanno potuto vedere solo pochi spettatori), due film straordinari con Berta Nelson, Vittoria o morte e Fiamma simbolica (conservati nella Desmet Collection dell’EYE Filmmuseum), e un prezioso frammento riscoperto di La marcia nuziale che ci fa vedere la diva all’epoca punto di riferimento per ogni attrice del cinema italiano, Lyda Borelli.

Tamara Shvediuk e Federico Striuli

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