Augusto Genina: un italiano in Europa

Programma a cura di Emiliano Morreale
Note di Paola Cristalli, Stella Dagna, Gian Luca Farinelli, Daniele Furlati, Claudia Gianetto ed Emiliano Morreale

 

Tra i registi importanti del cinema italiano, Augusto Genina è uno dei meno studiati. Una sola, seppure splendida, monografia, curata ventotto anni fa da Sergio Germani e Vittorio Martinelli, è praticamente l’unica dedicata alla sua opera. I motivi di questa dimenticanza sono di ordine soprattutto ideologico. Nel periodo del sonoro, il nome di Genina è legato ad alcuni film bellici di epoca fascista, a una biografia di santa Maria Goretti, a un melodramma nutrito di un cattolicesimo lussureggiante e a un film su un fatto di cronaca, rivale di un’operazione ufficialmente neorealista come Roma ore 11 di De Santis.
Ma la carriera di Genina è piena di sorprese. Attraversa quarant’anni di cinema italiano ed europeo, e anzi proprio la dimensione cosmopolita è uno dei suoi tratti più evidenti. La sua figura è esemplare di uno stile internazionale, europeo ma anche collegato al modello, già definito, del cinema americano. Nei suoi inizi Genina incontrerà inevitabilmente i nomi più importanti di una nuova industria culturale, da Lucio D’Ambra a Maurice Dekobra, dalla leggendaria Mistinguett a Pirandello, fino a venir accolto in Francia e in Germania.
Nato nel periodo di trionfo e rapido declino delle dive, sembra trovare la propria dimensione ideale a confronto con il nuovo modello femminile delle ‘maschiette’, che segnano alcuni dei titoli di maggior rilievo degli anni Venti. Quasi inevitabile, allora, l’incontro con Louise Brooks, in Prix de beauté, film simbolico che, a cavallo tra muto e sonoro, sancisce anche un ideale spartiacque, e uno dei vertici, della carriera del regista. E sono ancora da valutare appieno due gioielli del primo sonoro francese, Les Amours de minuit e Nous ne sommes plus des enfants. A partire da quella fase, Genina mostra un talento non solo di direttore d’attori, ma anche di talent scout (in Paris-Béguin lancia Jean Gabin e scopre in un piccolo varietà Fernandel) e di defilato maestro: ad esempio per Mario Camerini, suo cugino e discepolo, che pare assai poco riconoscente, e per Mario Monicelli. Ma la sua versatilità segna anche i due grandi film bellici girati sotto il fascismo, e in realtà opposti. In Squadrone bianco conta l’avventura esotica, coloniale, l’astrazione del deserto, il silenzio. L’assedio dell’Alcazar, invece, punta sul realismo, su un’anti-retorica certo non necessariamente ‘antifascista’, ma che porta in Italia il modello del war movie americano ed europeo, aprendo la strada ai primi lungometraggi di Rossellini.
In periodo neorealista, Genina, segue una via di unione tra gusto figurativo alto ed elementi realistici o melodrammatici: così è in Cielo sulla palude, uno dei suoi capolavori, o in Maddalena. Film anti-populisti, di grande ferocia nella descrizione del mondo contadino, e, nonostante il soggetto, innervati di erotismo laico e libertino. Come il suo ultimo Frou-Frou, ideale ritorno alle origini, testamento struggente di un vecchio, cosmopolita regista del muto: il suo Lola Montès.

Emiliano Morreale

 

Photo: Les Amours de minuit by Augusto Genina (1931)

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