Gio
27/08
Teatro Comunale di Bologna > 14:30
INDOCINA OCCUPATA / IMAGES OF ASIAN MUSIC
Mariann Lewinsky e Karl Wratschko
INDOCINA OCCUPATA (BIS)
Il giovane Gabriel Veyre, esempio perfetto degli operatori Lumière lanciati ai quattro angoli del mondo, organizzò proiezioni e filmò vues a New York, in Messico, Guadalupa, Cuba, Venezuela, Martinica e Colombia tra il 1896 e il 1897, nonché in Canada e in Giappone nel 1898. Sulla via del ritorno in Francia, visitò la Cina e arrivò ad Hanoi nell’aprile 1899. Qui Paul Doumer, governatore dell’Indocina francese, gli commissionò una serie di film e un’ampia documentazione fotografica sulle colonie sotto la sua amministrazione, da presentare l’anno dopo all’Esposizione di Parigi. Veyre restò in Indocina quasi un anno. La sala nella quale i film di Veyre vennero proiettati, dal 15 aprile al 12 novembre 1900, era una sorta di tempio sotterraneo in cemento armato sotto il padiglione cambogiano; i registri finali dell’Esposizione non menzionano le fotografie, ma possiamo presumere che anch’esse fossero in mostra, poiché il principale organizzatore dei cinque padiglioni indocinesi era Doumer. Oggi il catalogo della sezione coloniale dell’Esposizione di Parigi può essere letto come un manuale di fake news, pensato per rassicurare l’opinione pubblica del fatto che l’occupazione fosse quanto di meglio per le popolazioni occupate. L’occupazione dell’Indocina ebbe inizio nel 1857; nel 1893 l’intero ampio territorio che oggi comprende Vietnam, Cambogia e Laos era sotto il tallone coloniale. I francesi imposero il lavoro forzato e tasse insostenibili, che espropriavano la popolazione contadina della terra e dei raccolti, trasformandola in forza lavoro per le miniere, le piantagioni e i cantieri, dove i lavoratori erano malnutriti e sottoposti a condizioni di lavoro intollerabili. Una selezione dei film di Veyre sull’Indocina occupata è stata proiettata insieme al documentario muto di Peter Hutton Images of Asian Music – A Diary from Life 1973-74 nel pomeriggio d’apertura del Cinema Ritrovato 2019. L’esperimento ha prodotto una così forte impressione che abbiamo deciso di riproporlo, con alcune variazioni nella selezione Veyre, e con altre opere di Hutton presentate nella sezione 16mm.
Mariann Lewinsky
PETER HUTTON: “NIENTE DI TROPPO COMPLICATO”
“Spesso non mi considero nemmeno un regista nel senso classico. Perché si tratta solo di osservazioni; sono una sorta di annotazioni che nascono dall’osservazione delle cose che mi interessano. Sono molto semplici: non succede niente di troppo complicato”.
Peter Hutton, 2011
Peter Hutton è il regista che ci aiuta a migliorare la nostra capacità di visione. Nei suoi film è chiara la volontà di rivelare l’immobilità nel movimento e il movimento nell’immobilità. Le sue opere possono essere classificate in tre generi distinti: ritratti di paesaggi, ritratti urbani, diari di viaggio. Nella rassegna di quest’anno abbiamo scelto il nostro film preferito per ciascun genere. In Study of a River, che esemplifica i suoi film paesaggistici, Hutton connette alla perfezione il movimento dell’immagine all’immobilità delle inquadrature e viceversa. Qui la maestria artistica di Hutton si pone decisamente al livello delle fotografie di Ansel Adams e delle migliori opere della Hudson River School. Assistendo a Study of a River si sperimenta l’effetto che il cinema è in grado di produrre semplicemente con un uomo e la sua macchina da presa. I ritratti urbani di Peter Hutton sono anch’essi fortemente legati all’arte fotografica. New York, che Hutton ha raffigurato nella trilogia New York Portrait I-III, è una delle città più fotografate del mondo. È stata un soggetto fondamentale per molti grandi maestri della fotografia in bianco e nero, come Helen Levitt e Alfred Stieglitz. Ma nessuno ha mai ritratto la Grande Mela come Peter Hutton, che alla lezione dei classici ha unito la magia del movimento. Al Cinema Ritrovato presenteremo la seconda parte della trilogia, nella quale Hutton mette in luce una problematica sociale, scelta piuttosto rara in questa fase della sua produzione. Mostrando la povertà nelle strade, il regista si avvicina alla fotografia documentaria praticata per esempio da Jacob August Riis. Accostamento a prima vista strano, ma decisamente appropriato nel caso di New York Portrait – Chapter II. Come esempio di travelogue ripresentiamo Images of Asian Music (A Diary from Life 1973-74), resoconto contemplativo del periodo in cui Hutton era marinaio su una nave mercantile nel Sud-Est asiatico. Questo film piuttosto lungo rientra anche nella sua produzione diaristica, delle quale fanno parte i celebri July 71 in San Francisco, Living at Beach Street, Working at Canyon Cinema, Swimming in the Valley of the Moon (che non figurano in questa rassegna). Parlando di questo segmento della sua produzione Hutton lo definì “diaristico senza essere autobiografico”. Io aggiungerei che è il diario visivo di una persona capace di vedere e di cogliere la bellezza in ogni cosa, perfino in un incendio catastrofico: è il caso di Boston Fire, che tra i suoi film presentati in questa rassegna è il più legato al cinema delle origini.
Karl Wratschko
Info sullaProiezione
Sottotitoli
Versione originale con sottotitoli
Modalità di ingresso
À bord du “Tonkin”: le saut à la corde
Transport des bois par radeaux
Mandarins venant saluer le roi
Danseuses cambodgiennes du roi Norodom, II
Courses d’ensemble des régates (rameurs assis)
Promenade du dragon à Cholon, III
Le Gouverneur général se rendant à bord de “La Tamise” pour assister aux courses de régates
Les Mines de charbon de Hon Gay
Passage en chaises à porteurs au col des Nuages (Annam)
Déchargement du four à briques
Sortie de la briqueterie Meffre et Bourgoin à Hanoi
Enfants annamites ramassant des sapèques devant la pagode des dames
Vue de l’avant d’un transatlantique par un gros temps
IMAGES OF ASIAN MUSIC (A DIARY FROM LIFE 1973-74)
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