ZA-LA-MORT – DER TRAUM DER ZA-LA-VIE

Emilio Ghione

R. e S.: Emilio Ghione. F.: Eugen Hamm, Franz Stein. In.: Emilio Ghione, Fern Andra, Kally Sambucini, Magnus Stifter, Henri Sze, Robert Scholz, Ernst Anton Rückert. P.: F.AJ.-Film der National-Film AG, Berlino. L.O.: della versione in due parti: 3251 m. della versione unificata: 1979m. D.: 120’. 35mm.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Emilio Ghione ha creato nell’immaginario cinematografico, non solo italiano, un personaggio leggendario. Entrato nel cinema dalla porta di servizio, come stuntman, sostituendo tremanti eroi incapaci di reggersi in sella o di fare un salto, s’era poi adattato, nelle comiche di Cretinetti, ad apparizioni di cattivo o addirittura di suocera o di vecchia zia, cui rovinare addosso bastonate o torte alla crema. Lasciata Torino, se n’era venuto alla Cines di Roma, dove la sua ascetica e scarna figura fu utilizzata per dar vita al Poverello d’Assisi, poi per un perfido Ali Babà e per il crociato Rinaldo nella prima edizione de La Gerusalemme liberata, di Enrico Guazzoni. Passato alla Celio, forma un trio con Francesca Bertini e Alberto Collo, in genere nella parte del terzo incomodo, finché nel 1915, in un film rimasto memorabile, ma di cui si sono sfortunatamente perse le tracce, Nelly la gigolette, riveste i panni dell’apache Za-la-Mort. In verità, in quel film si chiamava Zar-la Mort, ma subito lo cambia in Za-la Mort che, a suo dire, nel gergo della malavita parigina significava “Viva la Morte”; e trova in Kally Sambucini una sensibile partner, la sua Za-la-Vie. Il personaggio, che Ghione interpreta sia in alcuni serialche in vari altri film di metraggio normale, è quello di un apache sentimentale e romantico, ma al tempo stesso spietato e crudele. A parte il maillot nero e la scoppoletta tipica dell’apache, Za-la-Mort si muove negli ambienti più sordidi e tenebrosi con la raffinatezza e la flemma di un gentiluomo inglese in un club privato; la sua presenza sullo schermo è magnetica, sulla linea – per citarne degli omologhi – di un Mosjoukine o di un Conrad Veidt. La sua maschera scavata, asciutta, un teschio vivente, passa con affascinante semplicità dalla ferocia alla dolcezza, dal sarcasmo alla pietà. La sue mani ossute hanno una presa grifagna, il suo muoversi è felino, e dei felini ha anche le lunghe inerzie.

Nel momento in cui gli eroi dello schermo, da Fantomas a Douglas, da Judex a Maciste, sono l’esaltazione della forza, dell’atletismo, dello slancio e del soprassalto, Ghione costruisce il suo personaggio su di una energia latente, che si risveglia in imprevedibili guizzi, in occhiate fulminanti, in atteggiamenti sferzanti. Questa figura irreale e dominante si staglia in ambienti degradati, vive storie improbabili e da grottesco nero, punteggiate da didascalie colorite e talvolta sgrammaticate, in altalenanti duelli con gli ineffabili “Cavalieri del Triangolo Giallo”, terrificanti “Cappuccioni Neri”, “Casacche di Cuoio”, “Topi Grigi” ,”Anime Buie”. Così si chiamano i suoi avversari, tra cui spicca l’implacabile Casque d’Or.

In questo groviglio quasi inestricabile di avventure, emozioni, colpi di scena, in questo caravanserraglio di truculenti criminali, gigli nel fango, inflessibili giustizieri e prostitute dal cuore d’oro, il ghigno sardonico dell’attore, che è anche soggettista e regista, sembra volerci dire di essere il primo a non credere in quello che racconta. Pur costretti nei meccanismi del feuilleton, nei canoni de “il seguito alla prossima puntata”, i film di Za-la-Mort non sono per niente privi di una beffarda autoironia.

L’incubo di Za la-Vie, l’unico film che Ghione girò all’estero, riassume quanto ora detto, con in più un tocco di gotico teutonico che si attaglia perfettamente alla vicenda.

Da rilevare la perentoria presenza della aquilina Fern Andra, un’attrice americana molto attiva in Germania, nota per essere stata la Genuine di Robert Wiene: una figura imperiosa e seducente.

(Vittorio Martinelli)

Copia proveniente da