WESTERN APPROACHES
Scen.: Pat Jackson; F.: Jack Cardiff; M.: Jocelyn Jackson, Willy Freeman; Mu.: Clifton Parker; Scgf.: Edward Carrick, Peggy Gick; Su.: Kay Ash, Charles Gould; Int.: Captain Pycraft (cap. Tomlinson), Chief Petty Officer Hills (Griffiths), Jim Redmond (Sparks), Captain Kerr (Master of the Leander), Captain Pakenham (ufficiale in capo della scorta), Tom Major, Bob Banner, Alf Rawson, Frankie Edwards, John Walden, e altri soldati e ufficiali della Marina; Prod.: Ian Dalrymple per Crown Film Unit 35mm. D.: 83’. Col.
Scheda Film
Una nave mercantile viene silurata mentre sta attraversando l’Atlantico con un convoglio di rifornimenti. I sopravvissuti si trovano sulla scialuppa di salvataggio a migliaia di chilometri dalla costa. Fanno rotta verso il Portogallo, ma gli scarsi viveri, le condizioni meteorologiche e la minaccia dei sottomarini tedeschi mettono a repentaglio la loro vita. Si tratta di uno dei capolavori del cinema bellico inglese: una fusione pressoché perfetta di materiale documentario in un lungometraggio commerciale sorprendentemente e gloriosamente fotografato in Technicolor, che il pubblico britannico associava ancora ai colori brillanti dei cappelli porta frutta di Carmen Miranda e ad altri sogni hollywoodiani. Il documentarista Pat Jackson, che qui firma il suo primo lungometraggio, cercò attentamente di evitare qualsiasi artificio in studio. Come attori, scelse solo membri delle forze alleate e delle flotte mercantili. Lasciò che i dialoghi dei marinai seguissero lo scorrere caotico del parlato reale, e anche se gli interni dei sottomarini vennero ricostruiti e girati in studio, non usò mai la vasca per le riprese subacquee. Le scene del convoglio che attraversa l’Atlantico vennero girate sul posto, con tutti le difficoltà connesse. Per riprendere la scialuppa, la pesante macchina da presa per il Technicolor, l’equipaggiamento per il sonoro e tutti i tecnici vennero sistemati sulla stessa angusta scialuppa in balia delle onde. Solo l’operatore del suono venne posizionato sul peschereccio che trascinava la scialuppa. In verità, le acque erano quelle al largo delle coste gallesi e non dell’Atlantico, ma lo sballottare delle onde e la nausea che giorno dopo giorno, mese dopo mese, accompagnava la troupe fece venire il mal di mare a tutti, tranne che a Jackson. Il tempo variabile causò ripetuti problemi di continuità e di esposizione fotografica. Ma Jack Cardiff, che all’epoca era l’unico direttore della fotografia inglese ad avere esperienza con il Technicolor, fece miracoli con gli elementi, sovrapponendo al dramma dei naufraghi una sinfonia quasi astratta di toni di grigio, blu e verde. E poi il lampo intermittente di altri colori: la schiuma bianca delle onde, l’arancione caldo del tramonto, le mostrine dorate sull’uniforme di un ufficiale, e, elemento da non sottovalutare in questo film ancora così emotivamente intenso, il raccapricciante marrone del tè inglese, forte e confortante, versato da una teiera.
Geoff Brown