THE CARDINAL
Sog.: dal romanzo omonimo (1950) di Henry Morton Robinson. Scen.: Robert Dozier. F.: Leon Shamroy. M.: Louis Loeffler. Scgf.: Lyle Wheeler, Otto Niedermoser. Mus.: Jerome Moross. Int.: Tom Tryon (Stephen Fermoyle), Carol Lynley (Mona), Dorothy Gish (Celia), Maggie McNamara (Florrie), Bill Hayes (Frank), Romy Schneider (Anne-Marie Hartmann), Peter Weck (Kurt Von Hartman), John Huston (cardinale Glennon), Raf Vallone (cardinale Quarenghi), Burgess Meredith (padre Halley). Prod.: Otto Preminger per Gamma Productions. 35mm. Col.
Scheda Film
È l’impresa di gran lunga più ambiziosa di Preminger: la storia dell’ascesa di Stephen Fermoyle da seminarista a cardinale spazia da Boston a Vienna e Roma, e dal 1917 al 1938. Un gran numero di episodi è tenuto insieme molto efficacemente da una sceneggiatura estremamente efficiente e interpretato da uno straordinario cast di star usato in maniera eccellente. Tratto da un best-seller, The Cardinal è in realtà un compendio dei problemi della chiesa cattolica nel Ventesimo secolo. Poco ci viene risparmiato: il matrimonio tra cattolici ed ebrei; salvare il neonato o la madre durante il parto; l’atteggiamento della chiesa verso i nazisti, l’atteggiamento della chiesa verso il problema dei neri. (Stranamente sono omessi solo gli attriti tra cattolici e protestanti). Né sono tralasciati quelli che potremmo definire i problemi interni della chiesa: la spaccatura tra chiesa americana e concistoro romano; la contrapposizione tra il ‘curato di campagna’ in senso bressoniano e il mondano ecclesiastico-uomo d’affari. […] Visconti ha preso Romy Schneider e l’ha trasformata in una persona completamente diversa. Preminger ottiene da lei un’interpretazione altrettanto buona semplicemente facendo emergere la sua abilità e il suo talento naturale. Prima come giovane civetta viennese che vede nella seduzione di un prete la sfida suprema, e poi come vittima dell’altrettanto immatura infatuazione per i nazisti, conferisce pathos e vitalità a quello che avrebbe potuto essere solo un abile colpo di scena. […] Nei due anni di prova in cui può fare esperienza del mondo, anche se ancora legato ai propri voti, padre Fermoyle si lascia convincere da Romy Schneider ad accompagnarla a un ballo viennese. Lui prima cede all’appassionata allegria delle danze e poi, indossando il cappello a cilindro, la cravatta bianca e l’abito di gala, rientra nella sua stanza fischiettando. All’improvviso gli si para davanti una figura mefistofelica nello specchio: la sua. L’immagine è così dirompente – anche se non viene fornita alcuna spiegazione – che la sua decisione di rientrare nella chiesa ci convince completamente. La capacità di concentrare in una singola immagine tutti i complessi sentimenti che motivano questa svolta nella vita di un uomo è, a mio parere, un esempio supremo del mestiere del regista.
Richard Roud, “Sight and Sound”, n. 1, 1964
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