SOLEIL Ô

Med Hondo

Sog., Scgf.: Med Hondo. F.: François Catonné, Jean-Claude Rahaga. M.: Michèle Masnier, Clément Menuet. Mus.: Georges Anderson. Int.: Robert Liensol, Théo Légitimus, Gabriel Glissand, Mabousso Lô, Alfred Anou, Les Black Echos, Ambroise M’Bia, Akonio Dolo. Prod.: Grey Films, Shango Films. DCP. D.: 98’. Bn.

info_outline
T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Il restauro di Soleil Ô ha utilizzato un 16mm invertibile, e due controtipi – 16 e 35mm – depositati da Med Hondo presso Ciné-Archives, gli archivi audiovisivi del Partito Comunista francese a Parigi. Una copia d’epoca, conservata presso l’Harvard Film Archive, è stata utilizzata come riferimento per la colour grading supervisionata dal direttore della fotografia François Catonné.

Ci siamo trovati a essere artisti ‘di colore’, come si dice di solito, per puro caso. Insieme a Parigi sostanzialmente per le medesime ragioni, Bachir, Touré, Robert e io ci siamo trovati nel bel mezzo di un paese, di una città, nella quale rimediare di che vivere, in parole povere, dove lavorare: essere un attore, un musicista, un cantante. E dove, però, ci si è subito resi conto che le porte erano chiuse […]. Allora, per uscirne, abbiamo pensato di formare tutti insieme un gruppo teatrale e, nell’attesa, abbiamo realizzato tutti insieme Soleil Ô. Per fare il film abbiamo dovuto scavalcare tutti gli ostacoli burocratici e materiali, in altri termini trovare un produttore e dirgli: “È il miglior soggetto che ci sia, perché ci crediamo”. Per sentito dire, “se si è bravi a parlare, si è bravi anche a fare un film”. Ebbene, abbiamo fatto Soleil Ô senza un centesimo […]. Tutte le scene sono ispirate alla realtà. Perché il razzismo non s’inventa, soprattutto al cinema. È una specie di mantello che ti mettono addosso, con cui sei obbligato a vivere. Anche la scena della confessione, all’inizio: in effetti, nelle Antille dove sono nato, ai bambini, quando andavano a confessarsi, insegnavano a nominare come peccato il fatto che sapevano parlare il creolo. Ma so bene che il cinema da voi definito cinema-verità ha sempre evitato di dire cose del genere. L’unica cosa che ha fatto in questo senso è stato prendere dei volti di neri e mescolarli alla folla. Per mostrare che più l’Occidente tenderà economicamente a espandersi, più avrà bisogno di manodopera nera. E così l’Africa resterà un continente sempre più sottosviluppato: dire il contrario è dire il falso […]. L’idea iniziale era quella di far vedere tutti i luoghi deputati, privilegiati dai turisti, gremiti unicamente di neri. D’improvviso si vedeva il Sacré-Cœur e si vedevano solo neri. Sarebbe stato un bell’impatto cinematografico. Solo che l’idea è rimasta sulla carta, non si è riusciti a tradurla in immagini.

Med Hondo, “Jeune Cinéma”, giugno-luglio 1970

 

Approfondimento su Med Hondo

Copia proveniente da

Restaurato da Cineteca di Bologna in collaborazione con Med Hondo presso il laboratorio L’Immagine Ritrovata. Con il sostegno di George Lucas Family Foundation e The Film Foundation’s World Cinema Project