SATANA
S.: Guido Volante. F.: Giovanni Vitrotti. Scgf.: Decoroso Bonifanti. In.: Mario Bonnard, Mary Cléo Tarlarini, Mario Voller-Buzzi, Fernanda Negri-Pouget, Oreste Grandi, Antonio Grisanti. P.: Ambrosio “serie d’oro”. L. or.: 990 m. D.: 8’ 35 mm.
Scheda Film
Tra i film italiani di cui è più cocente la perdita, Satana figura ai primi posti: Maria Adriana Prolo avrebbe dato chissà cosa per ritrovarne una copia e una delle sue ultime battaglie la condusse proprio nella ricerca di questo film, di cui aveva avuto notizia esistesse un esemplare in Svezia, nelle mani di un collezionista molto geloso delle sue rarità, il quale non voleva avere – forse con ragione – nessun rapporto con le istituzioni ufficiali. Esclusa pertanto la locale cineteca, chi scrive queste note cercò di fare da intermediario, servendosi dei buoni uffici di un collega svedese che riuscì a contattare il cerbero scandinavo. Purtroppo, al di là di qualche foto e di un programma, di cui si sbarazzò senza soverchie sollecitazioni, della copia di Satana non esisteva nemmeno l’ombra.
Perché è importante Satana? Si tratta di un film in tre episodi, scritti dal poeta Guido Volante (1878-1916), uno di quei giovani della scapigliatura torinese come Oxilia, Camasio, Gozzano, Chavez, Pasquali, Rosmino, i quali, all’inizio degli anni Dieci, parteciparono con entusiasmo al cinema della loro città come registi, produttori, soggettisti o attori, sicuri di intraprendere “il mestiere più moderno del ventesimo secolo”.
Volante, nello stendere il trattamento del Satana, aveva presente il Paradiso perduto di Milton, da cui aveva stralciato la rappresentazione delle forze del male contro cui l’uomo è destinato a lottare, ma più profondamente s’era ispirato al poeta tedesco Freidrich Klopstock, autore di due drammi religiosi, il Messias (redenzione dell’umanità dal peccato originale) e Der Tod Adams (punizione del peccato attraverso gli orrori dell’angoscia e del rimorso) e ne aveva tratto tre storie ambientate in diverse epoche storiche: la prima, in epoca biblica, intitolata Il grande ribelle, racconta la rivolta di Satana contro Dio; il genio del male riappariva nuovamente nel secondo episodio, Il demone verde, ambientato nel Medio Evo, sotto i tratti di un monaco alchimista che inventa l’assenzio al fine di precipitare le generazioni future verso l’autodistruzione; infine v’è un episodio moderno, Il demone rosso, in cui Satana è divenuto un cinico magnate dell’acciaio, al quale si oppone un proletario esasperato dalle ingiustizie sociali: una storia disperata e senza lo sperato lieto fine.
Per la realizzazione del film, capofila della produzione Ambrosio del 1912, il direttore artistico Luigi Maggi ebbe a disposizione ingenti mezzi, l’intera scuderia degli attori sotto contratto alla Casa e l’operatore Vitrotti.
Il lancio pubblicitario, pur imponente, avvenne senza l’enfasi retorica che di solito accompagnava le campagne promozionali dei grandi film, ma si insistè perentoriamente sul fatto che il film “portava il cinema a livelli ai quali s’era raramente elevato”. Georges Sadoul avanza qualche dubbio sul soggetto, in particolare sull’ingenuo anticlericalismo dell’inventore dell’alcolismo, ed anche sul manicheismo demagogico dei rapporti capitale-lavoro del terzo episodio, ma rileva che Satana, che fu un grossissimo successo in Italia e all’estero, specie negli Stati Uniti, segna una data nella storia del cinema: l’inizio del film in più episodi e al quale Griffith s’è indubbiamente rimandato quando decise di realizzare Intolerance.
Il brano che viene presentato è un brevissimo frammento conservato a Londra; che la sua proiezione sia l’auspicio di un futuro ritrovamento dell’intero film!