Salvatore Giuliano
Soggetto e sceneggiatura: Francesco Rosi, Suso Cecchi D’Amico, Enzo Provenzale, Franco Solinas. Fotografia: Gianni Di Venanzo. Montaggio: Mario Serandrei. Scenografia: Sergio Canevari, Carlo Egidi. Musica: Piero Piccioni. Interpreti: Frank Wolff (Gaspare Pisciotta), Salvo Randone (presidente della Corte), Federico Zardi (avvocato di Pisciotta), Pietro Cammarata (Salvatore Giuliano), Giuseppe Tei (giovane pastore), Cosimo Torino (Frank Mannino), Giuseppe Calandra (sottufficiale dei carabinieri), Renato Pinciroli (Pinciroli), Max Cartier (Francesco), Fernando Cicero (un bandito). Produzione: Franco Cristaldi per Galatea, Lux Film, Vides Cinematografica. DCP. Bn.
Scheda Film
Il mio scopo non era quello di dedicarmi al personaggio di Giuliano: era di interessarmi alla Sicilia, ai valori umani, alla tragedia umana scaturita dai rapporti tra Giuliano e gli altri siciliani, tra Giuliano e i carabinieri, tra Giuliano e la vera politica italiana di quell’epoca. Mitizzare Giuliano era inevitabile, in quanto non approfondire il personaggio voleva dire per forza mitizzarlo. È logico: dopotutto Giuliano era un mito e io ho mirato a non distruggere il mito. Poiché personalmente non mi interessava di lui, e non mi interessava neanche distruggere il suo mito. Mi interessava invece raccontare la Sicilia. Infatti, ciò che mi ha fatto più piacere è che i siciliani abbiamo riconosciuto – come ha fatto lo stesso Sciascia che stimo moltissimo – che Salvatore Giuliano era il primo film vero sulla Sicilia.
Quando faccio un film mi documento molto, ma a un certo punto metto tutto da parte. Il mio tipo di documentazione molte volte è più una presenza rassicurante che una fonte alla quale io mi rifaccia continuamente, se no non sarei capace poi di fare il film. Per Giuliano misi insieme una documentazione notevole: foto, articoli, sentenze lette e riletti coi miei collaboratori alla sceneggiatura, migliaia di fogli…. Un lavoro molto articolato e molto scrupoloso. Però, fatto questo, il materiale io non lo vado più a vedere, mi dimentico tutto, metto tutto da parte. Quando finisco il film, è allora che mi viene voglia di cominciare a studiare tranquillamente tutti i materiali. È una cosa un po’ assurda studiare tranquillamente quello che prima ho solo consultato nell’agitazione e nell’emotività del momento creativo. Ma tu fai un film, non una lezione di storia, né un trattato di economia. Attraverso il film, do il mio rapporto personale con quella realtà, la mia interpretazione, la mia ottica, quindi non posso chiudere il film nei limiti ristretti di una ricostruzione. All’epoca furono in molti a parlare di documentario, ma non c’è film più costruito di Salvatore Giuliano, un film più lontano dal documentario!
Francesco Rosi