SALOMÉ

Charles Bryant, Alla Nazimova

Sog.: dalla pièce omonima (1893) di Oscar Wilde. Scen.: Alla Nazimova, Peter M. Winters [Natacha Rambova]. F.: Charles Van Enger, Paul Ivano. Scgf.: Natacha Rambova. Int.: Alla Nazimova (Salomé), Nigel De Brulier (Jokaanan), Mitchell Lewis (Erode), Rose Dione (Erodiade), Earl Schenck (Narraboth), Frederick Peters (Naaman), Louis Dumar (Tigellinus). Prod.: Nazimova Productions. 35mm. L.: 1528 m. 24 f/s. Col. (da una copia nitrato imbibita / from a tinted nitrate print)

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Alla Nazimova raggiunse l’apice di una recitazione post-naturalistica e marcatamente artificiale nel 1922 con il ruolo di Salomé. L’omonimo film, adattamento della pièce di Oscar Wilde, fu prodotto dalla stessa Nazimova e diretto con manierismo simbolista dal suo storico compagno di cinema e teatro Charles Bryant. Le scenografie e i costumi si devono a Natacha Rambova e si ispirano alle illustrazioni realizzate da Aubrey Beardsley per la première della tragedia di Wilde. La recitazione sfrutta ogni parte del corpo, quasi come fosse una danza: gesti e movimenti sono più importanti delle espressioni facciali. Nella sua recensione del film (“Cinéa”, 18 maggio 1923), Louis Delluc affermò: “Non abbiamo tempo di isolare le sue pose e i suoi gesti. Riusciamo solo a notare, frettolosamente, che queste pose e questi gesti sono belli, voluti e normali, vivi e stilizzati, e tra loro complementari. Ogni cosa è stata concepita come un insieme”. L’insolita radicalità estetica deluse la stampa e gli spettatori. Il fallimento artistico e commerciale di “questo originale e troppo intellettuale lavoro, in anticipo sui tempi” (Vittorio Martinelli, Le dive del silenzio) fece sì che Nazimova voltasse le spalle a Hollywood e tornasse alla sua carriera teatrale, che non aveva mai abbandonato del tutto.
A causa del loro stile decisamente artificiale e diametralmente opposto alle successive convenzioni hollywoodiane, i film di Nazimova furono a lungo considerati anacronistici e vennero perlopiù dimenticati; cercarli sui numerosi libri di storia del cinema è un tentativo vano. Tuttavia, negli ultimi anni, Salomé è stato riportato alla luce e celebrato come un film cult ‘queer’. Ciò che rimane ancora ampiamente da scoprire è la straordinaria arte performativa di Nazimova.

Martin Girod

 

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