ROSITA

Ernst Lubitsch

Sog.: Norbert Falk e Hanns Kräly dall’opera Don César de Bazan di Adolphe Philippe d’Ennery e Philippe-François Pinel. Scen.: Edward Knobloch. F.: Charles Rosher. Scgf.: William Cameron Menzies. Int.: Mary Pickford (Rosita), Holbrook Blinn (il re), Irene Rich (la regina), George Walsh (Don Diego), Charles Belcher (il primo ministro), Frank Leigh (il comandante della prigione), Mathilde Comont (la madre di Rosita), George Periolat (il padre di Rosita), Mme De Bodamere (cameriera). Prod.: Mary Pickford per Mary Pickford Company. DCP. D.: 95’.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Nel 1922 Mary Pickford, l’attrice più popolare d’America, invitò Ernst Lubitsch, il regista più celebrato d’Europa, a girare il suo primo film hollywoodiano.
Il risultato fu Rosita, uscito nel 1923. Pickford vi interpreta la protagonista, una cantante di strada di Siviglia che con le sue battute caustiche suscita – come da tradizione – dapprima le ire e poi gli ardori del re di Spagna (Holbrook Blinn). Mentre il re la corteggia sotto gli occhi divertiti e blandamente costernati della regina (Irene Rich), Rosita s’innamora dell’affascinante ma decaduto aristocratico (George Walsh, fratello minore del regista Raoul) che l’ha salvata dalle grinfie delle guardie reali.
Fotografato da Charles Rosher (Aurora) in ampie scenografie disegnate da William Cameron Menzies (Via col vento), Rosita rimane, per citare il biografo di Lubitsch, Scott Eyman, “uno dei film muti fisicamente più belli”. E anche uno dei più innovativi nel sostituire il linguaggio del cinema alla parola scritta. È in Rosita che si sente nettamente per la prima volta l’affiorare di quello che sarà noto come ‘Lubitsch touch’, il gesto conciso che riassume un personaggio, l’oggetto di scena che esime da pagine di spiegazioni, l’evocazione di atmosfere ed emozioni per mezzo di luci, composizione e montaggio.
Per Lubitsch Rosita fu un importante film di transizione, coronamento dei film storici girati in Europa (realizzato approfittando del generoso budget e dai sofisticati mezzi tecnici di Hollywood) e insieme presagio di una nuova direzione, più intima e filosofica. Nonostante l’affetto e la vivacità con cui Lubitsch ritrae la coppia di giovani innamorati, si ha la sensazione che la sua attenzione e le sue simpatie più profonde vadano alla coppia reale – il re sfortunato donnaiolo e la sua saggia, risoluta ma indulgente consorte – la cui unione ha superato le intemperie della vita e ne è uscita rafforzata.

Dave Kehr

La musica di Rosita è stata ricostruita usando un cue sheet (una lista dei brani musicali con indicazione della scena nel film) del 1923. Il cue sheet si basava sulla partitura composta per il film da Louis F. Gottschalk, oggi perduta. I quarantacinque brani elencati nel cue sheet si trovavano in collezioni situate in varie parti del mondo. Sospetto che Lubitsch, che era un abile pianista, abbia messo mano alla partitura di Gottschalk e quindi al cue sheet. La musica si armonizza splendidamente con il film ed è un esempio del fatto che una buona scelta musicale può funzionare quanto una partitura originale.

Gillian Anderson

Copia proveniente da

Restaurato nel 2017 da MoMA con il sostegno di The Louis B. Mayer Foundation, RT Features, The Film Foundation e Celeste Bartos Preservation Fund, a partire da un negativo di conservazione creato da un positivo nitrato con didascalie russe. Un ringraziamento speciale alla Mary Pickford Foundation e al Filmmuseum München. Partitura originale ricostruita da Gillian Anderson a partire dagli spartiti originali conservati presso la Library of Congress di Washington