QUEEN CHRISTINA

Rouben Mamoulian

Sog.: Salka Viertel, Margaret LeVino. Scen.: H.M. Harwood, Salka Viertel, S.N. Behrman. F.: William Daniels. M.: Blanche Sewell. Scgf.: Alexander Toluboff. Mus.: Herbert Stothart. Int.: Greta Garbo (regina Cristina), John Gilbert (Don Antonio de la Prada), Ian Keith (conte Magnus), Lewis Stone (cancelliere Oxenstierna), Elizabeth Young (contessa Ebba), C. Aubrey Smith (Aage), Reginald Owen (Charles), Georges Renavent (ambasciatore francese), David Torrence (arcivescovo), Gustav von Seyffertitz (generale). Prod.: Walter Wanger per Metro-Goldwyn-Mayer Corp. 35mm. D.: 99’. Bn.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Una donna che è diventata un’istituzione desidera essere una donna. Nei film di Mamoulian la possibilità di una vita normale viene strappata ai personaggi, che si battono per riconquistarla. La regina Cristina, accanto al dottor Jekyll, è il personaggio che prova la massima esultanza e paga il prezzo più alto per rivendicare la libertà dell’anima. Ambientato nell’Impero svedese del XVII secolo, il film accompagna Cristina dall’ascesa al trono, a sei anni, fino all’età adulta, quando la corte preme affinché la ‘regina scapolo’ si sposi e metta al mondo un erede per la dinastia. Cristina incontra per caso l’ambasciatore del re di Spagna (interpretato da un John Gilbert al capolinea) e un equivoco sul gender (la regina è travestita da uomo) si trasforma senza soluzione di continuità in un errore d’identità. L’Impero deve così affrontare la più grande minaccia alla propria sovranità: l’amore.
Dal punto di vista storico e metaforico, è più un film sulla Garbo che sulla regina di Svezia. Certi dialoghi di S.N. Behrman, densi di allusioni sessuali e arguzia filosofica, hanno il sapore di una confessione autobiografica della diva.
Nella celebre scena che ritrae l’estasi amorosa della regina Cristina dopo una notte di passione, Mamoulian chiede alla Garbo di camminare intorno alla stanza in sincronia con un metronomo e di accarezzare gli oggetti, fissando nella memoria ogni centimetro di quel luogo. L’ambiguità sessuale della Garbo (sottolineata nello scandaloso episodio in cui bacia una donna sulla bocca) e la sua modernità senza tempo rendono credibile la trasformazione da algida regina in pantaloni a dea dell’amore, prefigurando Ninotchka e successivamente Silk Stockings dello stesso Mamoulian. Mamoulian evita tutti quei perfetti primi piani a cui la Garbo è stata abituata da registi come Clarence Brown. Si riserva invece di studiare il suo volto in tre sole occasioni, ogni volta audacemente, per evocare emozioni al limite dell’oscurità. Nel primo caso suscita dei dubbi. Nel secondo la ritrae in un raro momento di paura. E poi c’è l’ultima inquadratura della sequenza finale, una delle più intense e commoventi del cinema degli anni Trenta. “Voglio che il tuo viso sia un foglio di carta bianco” dice Mamoulian alla Garbo. Le chiede di essere solo una splendida maschera e a un tratto le lacrime  di paraffina provocano lacrime vere. Nell’ultimo primo piano il suo volto diventa una poesia.

Ehsan Khoshbakht

Copia proveniente da

per concessione di Park Circus.