Phantom Of The Opera

Rupert Julian

Sog.: dal romanzo Le Fantôme de l’Opéra (1911) di Gaston Leroux; Scen.: Elliott J. Clawson, Raymond L. Schrock, Bernard McConville, Jasper Spearing, Richard Wallace, Walter Anthony, Tom Reed, Frank M. McCormack (non accred.); F.: Milton Bridenbecker, Virgil Miller, Charles Van Enger (non accred.); Mo.: Edward Curtiss, Maurice Pivar, Gilmore Walker (non accred.); Mu.: Gustav Hinrichs; Ass. regia: Joe Pasternak (non accred.); Int.: Lon Chaney (Erik, il fantasma), Mary Philbin (Christine Dace), Norman Kerry (Visconte Raoul de Chagny), Arthur Edmund Carew (Ledoux), Gibson Gowland (Simon Buquet), John St. Polis (Conte Philip de Chagny), Snitz Edwards (Florine Papillon), Virginia Pearson (Carlotta), Edith Yorke (madame Valerius), Anton Vaverka, Bernard Siegel (Joseph Buguet), Olive Ann Alcorn (La Sorelli), Edward Cecil (Faust), Alexander Bevani (Mephistopheles), John Miljan (Valentin), Chester Conklin; Prod.: Carl Laemmle per Universal Pictures; Pri. pro.: 6 settembre 1925
35mm. L.: 2579 m. D.: 93′. Col.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Quando il successo di critica e di botteghino di Nostra Signora di Parigi fece capire ai dirigenti della Universal che, permettendo a Chaney di passare alla MGM, avevano preso una decisione potenzialmente disastrosa, trattarono con il loro ex dipendente Irving Thalberg per farsi prestare Chaney e fargli interpretare una versione in dieci rulli di Il fantasma dell’opera di Gaston Leroux.
Il film fu girato nel 1925 e la Universal non badò a spese: ricostruì gli interni dell’Opéra di Parigi, un dedalo di strade per l’inseguimento finale e un labirinto di catacombe sotto il teatro, nascondiglio del fantasma. Ancora una volta Chaney si sottopose alla tortura infernale del trucco per ottenere un teschio con pochi capelli sul cranio tondeggiante, occhi sporgenti sotto la pressione di dolorosi fili metallici, zigomi enfatizzati da dischi di celluloide e bestiali denti seghettati. Non sorprende che al cinema la gente svenisse quando l’eroina Mary Philbin, dopo un crescendo impeccabilmente costruito che esasperava la tensione portandola quasi al punto di rottura, strappava la maschera al fantasma svelando a se stessa e agli spettatori l’orrore del volto di Chaney. Benché oggi gran parte della recitazione appaia sovraccarica e l’interpretazione di Mary Philbin sia scarsamente efficace, i momenti di tensione del film conservano ancora tutta la loro forza originaria. Lo smascheramento; la scena d’amore tra l’eroe e l’eroina sul tetto del teatro mentre il fantasma assiste alla scena dall’alto, il rosso mantello che ondeggia come le ali di un angelo dell’inferno; Chaney a un ballo in maschera, travestito da Morte, reso ancora più efficace dal precoce uso del colore, il rosso del mantello che spicca su uno sfondo a dominante verde; lo schianto del gigantesco lampadario nell’auditorium e l’inseguimento culminante nelle fogne e nelle strade di Parigi: tutti questi aspetti contribuiscono a compensare, con la genialità della mimica e del trucco di Chaney, le mancanze di una storia che sconfinava a tratti nel melodramma di Perils of Pauline (1914). Il regista accreditato di Il fantasma dell’opera è Rupert Julian, ma il film fu completato da Edward Sedgwick quando a Julian fu tolta la regia, e alcune scene vennero girate da Chaney.
(Alan Frank, Horror Films, Hamlyn, Lon-don-New York 1977)

Questa partitura per Il fantasma dell’opera, commissionata nel 1990 da La Cinémathèque Quebecoise, fu presentata a Bologna pochi mesi dopo la prima a Montreal. Da allora è stata eseguita da molte orchestre – dal Canada agli Stati Uniti, dall’Europa al Giappone – ricevendo sempre l’accoglienza entusiastica del pubblico. La musica si basa su un tema di quattro note: do-re-si-do. Possiamo sentirlo in tutta la partitura, che si ispira a Gounod – un soprano canta arie dal Faust di Gounod, aggiungendovi una sfumatura drammatica – ed evoca Stravinsky, Chopin e perfino Bach. Si osservi che l’aria finale è il tema principale di tutta la partitura, composta (testo e musica) da Gabriel Thibaudeau. Dopo aver girato il mondo per più di vent’anni, la musica è nalmente tornata a casa, dove ha ricevuto il suo primo riconoscimento internazionale: Bologna! Gabriel Thibaudeau

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