OVER THE HILL

Henry King

Sog.: dalle poesie Over the Hill to the Poorhouse e Over the Hill from the Poorhouse (1873) di Will Carleton. Scen.: Tom Barry, Jules Furthman. F.: John F. Seitz. M.: Frank E. Hull. Scgf.: Robert M. Haas. Mus.: George Lipschultz. Int.: Mae Marsh (Ma Shelby), James Dunn (Johnny Shelby), Sally Eilers (Isabel Potter), Edward Crandall (Thomas Shelby), Claire Maynard (Phyllis Shelby), Olin Howland (Isaac), Joan Peers (Susan). Prod.: Fox Film Corporation. DCP. D.: 93’. Bn.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Il film – del quale era stata girata anche una versione muta, Over the Hill to the Poorhouse (1920) – con la sua storia edificante di una madre esemplare prefigura Lo specchio della vita di Stahl e Cupo tramonto di McCarey. Mae Marsh è una santa donna devota ai quattro figli e al marito, disoccupato ma dedito al contrabbando con conseguenze tragiche per la famiglia. Le motivazioni e le azioni dei personaggi hanno qualcosa di biblico: si profila una dinamica Caino-Abele, mentre la madre assume il ruolo di Giobbe, profeta delle tribolazioni.
Il nome di Henry King raramente viene citato fra quelli dei registi (come Mamoulian o Lubitsch) che, avvalendosi di macchine da presa mobili, liberarono i primi film sonori americani dai vincoli imposti dalle apparecchiature per la registrazione del suono. King non si lasciò mai limitare dalla tecnologia; anzi, con spirito di sperimentazione, realizzò film contraddistinti da continui movimenti di macchina. Con esiti sorprendenti in Over the Hill, le cui immagini iniziali si collocano tra le scene di vita rurale più riuscite del regista. Sono molti e memorabili i momenti in cui i movimenti della cinepresa e il sonoro si integrano con esiti brillanti: il rumore della macchina da cucire della madre sfuma nel clangore dell’officina del carcere, mentre le immagini della casa e della prigione si sovrappongono enfatizzando il crollo del padre oppresso dai sensi di colpa. E il canto Silent Night (che accompagna l’immagine della vetrata della chiesa) si intreccia allo scampanellio di una slitta mentre l’inquadratura si sposta efficacemente dalla chiesa alla finestra ghiacciata della casa per insinuarsi, tramite una dissolvenza, nell’interno domestico.
In questa celebrazione dei valori americani ai tempi della Depressione (l’importanza della famiglia, della comunità, del buon senso) è paradossalmente proprio l’America che con le sue promesse di grandezza intacca quei valori contaminandoli con la vanità, la perdita di identità, la divisione. I personaggi vivono in un mondo illusorio, che King riconosce ma non infrange mai. In fondo quella bugia è l’essenza dello spirito americano.

Ehsan Khoshbakht

Copia proveniente da

Digitalizzato nel 2019 da Library of Congress a partire da una copia 16mm conservata presso Niles Essanay Museum